di Stefania Totaro
Pene fino a 2 anni e 8 mesi di reclusione per i pusher nigeriani che avevano trasformato il parchetto tra le vie Gramsci e Artigianelli in una centrale di spaccio di droga a cielo aperto nel centro della città. Le hanno concordate con la Procura di Monza cinque imputati che hanno scelto di patteggiare all’udienza preliminare davanti alla giudice del Tribunale di Monza Francesca Bianchetti. Ieri la giudice ha accettato i patteggiamenti, riservandosi di decidere sulle richieste di modifica della custodia per quelli ancora in carcere a cui sono andate le pene di 2 anni e 8 mesi e 2 anni e 4 mesi. La pena più bassa invece è 16 mesi di reclusione. A questi cinque imputati, per cui la pm Sara Mantovani aveva chiesto e ottenuto il giudizio immediato perché destinatari di misure cautelari, se ne aggiungono un’altra dozzina per cui si attende dalla Procura la richiesta di rinvio a giudizio. Il blitz degli uomini della Questura di Monza per restituire i giardini pubblici ai cittadini era scattato lo scorso febbraio nei confronti di 12 nigeriani, quasi tutti richiedenti asilo politico e 5 marocchini irregolari sul territorio nazionale, che ogni giorno si radunavano per spacciare nel giardino pubblico. Gli inquirenti avevano accertato 2.500 cessioni di droga per mezzo milione di euro nei giardinetti, dove gli spacciatori esercitavano un vero e proprio controllo del territorio, presidiandolo ogni giorno in almeno una ventina, in modo così capillare da farsi portare i pasti sul posto, dove bivaccavano accanto ai giochi per i bambini e monitoravano costantemente gli accessi. Di fatto sottraendo lo spazio verde ai cittadini, spesso mamme e bambini.
Se necessario, non esitavano a ricorrere alla violenza per regolare i conti sia all’interno del gruppo, che con soggetti esterni, come testimoniato dai numerosi esposti presentati dai residenti della zona e dai frequenti interventi delle pattuglie di polizia per episodi di ferimenti. L’indagine è stata avviata nel gennaio 2022 e ha consentito di delineare l’esistenza di un ben articolato sodalizio marocchino-nigeriano che aveva impiantato il centro una fiorente attività di spaccio di cocaina, hashish e marijuana, così come documentato dalle riprese delle telecamere della polizia scientifica posizionate in prossimità delle panchine e dalle intercettazioni telefoniche tra spacciatori e clienti. La droga arrivava dai Balcani e i marocchini curavano il livello intermedio dell’approvvigionamento, mentre i nigeriani spacciavano al dettaglio.