Un anno e due mesi di reclusione in uno dei carceri più sovraffollati del mondo (5.500 detenuti), in condizioni igieniche terribili, senza medici, poco cibo e acqua. Succede a un brianzolo di 39 anni, il trader Stefano Conti, accusato di tratta di persone a scopi sessuali. E ora che ha ottenuto almeno i domiciliari, rischia comunque 30 anni di reclusione.
Se ne sta interessando in prima persona il deputato di Fratelli d’Italia Andrea Di Giuseppe, eletto all’estero nella circoscrizione Nord e Centro America, che segue il caso da vicino e l’altro giorno era al processo. “Lo stesso ‘avvocato delle vittime’ ha presentato una querela nei confronti del pubblico ministero!’”. E riflette: “Ci sono duemila detenuti all’estero, la metà dei quali in carcerazione preventiva e spesso senza accuse formali”. “È necessario - dice l’avvocato Vincenzo Randazzo, uno dei difensori di Conti - un procedimento diplomatico di rilevante entità che porti a un colloquio urgente con lo Stato di Panama, allo scopo di ottenere il rientro in patria del connazionale. Il signor Conti, dopo intervento legale (dei propri legali in loco) e politico dell’onorevole Di Giuseppe, si trova sottoposto a misura domiciliare con braccialetto elettronico ma rischia l’imminente rientro in carcere (tra i peggiori al mondo) e in caso di condanna a differenza di quanto previsto in Italia per reati simili, rischierebbe oltre 30 anni. Vogliamo ottenere il suo rientro in patria, non può e non deve subire tali disumani trattamenti, ha rischiato e continuerebbe a rischiare la propria vita”.
“È chiaro - precisa - che nessuno chiede l’intervento nella Sovranità statale ma secondo quanto previsto dai trattati e dalle Convenzioni internazionali e tra Italia e Panama, anche in attesa di giudizio e per il principio di leale collaborazione tra Stati questa evenienza è possibile. In alternativa, si potrebbe chiedere la cessazione della misura cautelare. Non vi sono indizi gravi di colpevolezza o tanto meno pericolo di fuga o inquinamento delle prove”.
Cesano Maderno (Monza Brianza) – ”Una notte, un detenuto è stato sgozzato in cella, ma prima di portarlo fuori sono dovute trascorrere ore. Perché nelle carceri di Panama non c’è Dio o Tribunale che tenga, conta solo una regola: il Codice, come dicono le guardie e nessuno avrebbe fatto niente fino al mattino. E quando sono venuti a prendere il morto, lo hanno messo su una dei quelle che chiamano ambulanze, ma che sono in realtà carrucole arrugginite, a ogni passo la testa del cadavere a penzoloni sbatteva contro il muro tanto che alla fine si è staccata".
Scene dell’orrore. Un incubo. Di episodi del genere, in un anno e due mesi di detenzione (423 giorni) al carcere di massima sicurezza La Joya di Panama, Stefano Conti racconta di averne viste parecchie. Quattro omicidi, sei sparatorie, risse, un carcere fuori controllo. Violenza, condizioni igieniche spaventose, 26 detenuti rinchiusi in uno stanzone di 60 metri quadrati nel suo caso. I diritti civili calpestati. “Mi sono preso la scabbia, c’erano sanguisughe, topi e scarafaggi giganteschi, li vedo ancora in ogni ombra. Mangiavo un pugno di riso e avevamo solo un’ora al giorno per l’acqua, che andavamo a procurarci con un secchio. Per mesi non ho visto un raggio di sole. E io ero fortunato, per così dire, perché c’è una tale corruzione là dentro che solo grazie ai miei soldi potevo permettermi anche quel pugno di riso".
Scene di vita quotidiana da un carcere dove è sopravvissuto a stento Stefano Conti, 39 anni, trader di successo specializzato in cambio valute, spregiudicato, ma finito in un incubo impossibile da immaginare. L’accusa di cui deve rispondere è tratta di persone a scopi sessuali: avrebbe favorito la prostituzione facendo arrivare a Panama ragazze colombiane. Lui nega, ovviamente, e da quel carcere è uscito a ottobre per andare agli arresti domiciliari. E l’altro giorno, al processo c’è stato un colpo di scena. A scagionarlo sono state le sue stesse presunte vittime ("6 ragazze, io ne conoscevo solo 2), che hanno sostenuto di essere state oggetto di "pressioni e minacce da parte del pm". Ma Silvano Conti ha paura. In carcere "ho temuto di impazzire, il sangue mi usciva dalle infezioni, l’aria era così calda che si liquefaceva. E a febbraio si ricomincia con un processo infinito in cui la pena richiesta per me ammonta a 30 anni di reclusione. Ho paura, lo Stato italiano mi ha dimenticato".
Cresciuto a Cesano Maderno, Brianza profonda, Conti fino a 6 anni fa era un trader. Figlio di assicuratori, studi di economia, aveva fatto fortuna e a Panama viveva da re. Tanti soldi ("come promotore finanziario e trader ho girato mezzo mondo, specializzato in cambio-valute, gestivo 5,5 milioni di dollari, a Panama sono stato il primo a occuparmi di criptovalute"). E belle donne, feste, Champagne, abiti firmati. Una vita di lusso. "Sono divorziato, mi piacevano le donne", a Panama il suo Bengodi. "Ma reati non ne ho mai commessi. Il 15 agosto del 2022 sono venuti a prendermi, però. E il giorno dopo hanno cominciato a costruire il castello di accuse". Stefano Conti racconta una storia infinita – a sua detta – di false prove, accuse inventate, giudici corrotti che provano a fare carriera con processi come il suo. "Ho denunciato la Procura per cospirazione. Ma ho pagato l’aver contro-denunciato un sistema corrotto e folle. Anche di essermi potuto permettere di prendere 7 avvocati, in un Paese dove quando finisci dentro non dovresti mai ribellarti. Addirittura, mi sono trovato l’intelligence in prigione a distruggere tutto per cercare prove contro di me, neanche fossi stato un pericoloso narcotrafficante. A Panama la prostituzione non è reato, e io non ho fatto nulla per agevolarla, semplicemente andavo a donne".
Gli atti processuali? "Per venire in possesso delle accuse, ho dovuto fare il diavolo a quattro, ho scoperto che c’erano 11 faldoni relativi al mio procedimento, me ne sono stati consegnati a fatica solo due. Negli altri, che ho visto dopo, c’erano tutte testimonianze e prove che ero innocente". E aggiunge: "Ora il giudice ha concesso che mi fosse tolto il braccialetto elettronico, ma il procuratore ha subito ‘contro appellato’. Si dimostra quello che dico da due anni: è una cospirazione, cosa dovrei fare io perché l’Italia venga a prendermi? Candidarmi alle presidenziali?".
Conti provoca: "Almeno nel caso di Chico Forti di mezzo c’era un cadavere, in quello di Ilaria Salis un’aggressione. Nel mio caso non c’è nulla, rischio 30 anni per aver ingaggiato delle prostitute. Ho speso 850mila dollari, dilapidando il patrimonio, non ce la faccio più".