Cesano Maderno (Monza Brianza) – Fa caldo anche dall’altra parte del mondo. Panama. Più di 9mila chilometri dalla Brianza. Stefano Conti non è più nell’infernale carcere di massima sicurezza – La Joya – in cui ha trascorso un anno e due mesi prima di ottenere i domiciliari, ma sa che potrebbe tornarci. In mezzo a topi, insetti, sanguisughe, malattie, risse e violenza (6 omicidi, 8 sparatorie solo nel periodo della sua detenzione) corruzione, acqua a malapena un’ora al giorno, niente ora d’aria.
Brianzolo di Cesano Maderno, 39 anni, da 6 viveva a Panama come trader di successo prima di piombare nell’incubo. Ora ha paura, non lo nasconde. E ci prova con un appello a chi di detenzione in condizioni disumane se ne intende: Ilaria Salis, caso giudiziario degli ultimi mesi, concluso felicemente con l’elezione al Parlamento europeo che le è valso l’immunità parlamentare e la scarcerazione dall’Ungheria. Stefano Conti non può ambire a tutto ciò. Il suo caso non ha nulla di politico, è dentro per il presunto reato di tratta di essere umani a scopi sessuali. In soldoni, avrebbe favorito la prostituzione di sei ragazze. E fa niente se loro stesse lo hanno scagionato in aula accusando la polizia di averle costrette a incolparlo.
“E dunque chiedo a Ilaria Salis, ora che è in Europa, di occuparsi anche del mio caso. Sa cosa significhi essere dentro ingiustamente. Io chiedo aiuto alla Salis perché credo che sia la persona indicata, in qualità di europarlamentare italiana e soprattutto per un tema di sensibilità ad una vicenda ingiusta come la mia. Lei dovrebbe capire cosa si prova a litigare con un Governo intero lontano da casa”.
E chiarisce: “Io ritengo che l’Italia abbia tutti i diritti e il dovere di avanzare una proposta di rimpatrio per la mia persona in quanto: sono riuscito a documentare le condizioni disumane del carcere panameño (nel quale sono già stato e che è lo stesso dove mi vogliono mettere in caso di condanna); per il principio di nullità, visto che il mio processo non ha senso, sono accusato per aver presuntamente ‘promosso, finanziato e diretto la prostituzione a Panama“, ma questo non costituisce reato a Panamá; e poi chiedere non costa nulla! Il mio processo è a febbraio e io ho dimostrato di non volermi sottrarre alla giustizia; io non scappo, mi facciano fare il processo in Italia (in video con Panama) e se va male al meno avrò l’acqua per lavarmi”.
Dura in questi giorni di agosto: “Vorrei un processo giusto, l’Europa non può stare a guardare, per me chiedono 30 anni di reclusione, per un reato che a Panama non è neppure un reato, visto che la prostituzione non è vietata dalla loro legge”. Pressoché coetaneo di Ilaria Salis, Stefano chiede ora alla monzese di “battersi anche per il sottoscritto, in campagna elettorale aveva promesso di occuparsi delle condizioni degli italiani detenuti all’estero. Ho prodotto migliaia di pagine, video e foto per documentare la mia condizione, basta informarsi”.