Bovisio Masciago (Monza e Brianza) – "Lo conoscevo da quando era un ragazzino, era cresciuto ad Arese dove viveva con la sua famiglia. Un bravo ragazzo, un ragazzo d’oro". Uno degli amici più stretti di Marco Magagna e suo collega di lavoro trattiene stento rabbia e commozione. Non crede a quello che è successo, non crede soprattutto al ritratto emerso dalle parole della compagna di Marco, Stella Boggio. Che lo ha accoltellato al cuore con un unico fendente nella notte del sei gennaio nella mansarda che condividevano a Bovisio Masciago, in cui lui a maggio era andato a vivere in prove di convivenza con la ragazza che frequentava da un anno e mezzo.
Una relazione tormentata però, come testimoniato dai vicini di casa, che parlano di continui e violenti litigi di notte che li avevano costretti a chiamare almeno un paio di volte i carabinieri, anche se poi non ne era sortito nulla, nessuna denuncia, né di parte né d’ufficio. Stella parlava di una gelosia ossessiva da parte del suo nuovo compagno, di aggressioni anche fisiche dovute anche all’abuso di alcol. Ma l’amico non ci crede: "Marco era un ragazzo educato, sempre col sorriso stampato in bocca, gentile con tutti. Sin da bambino giocava a calcio e anche quando aveva smesso il calcetto era diventato il suo hobby principale. E poi amava i videogame, ballare e uscire con gli amici. Se usciva beveva un paio di birre ma nulla di più".
La sua famiglia, i genitori, vive ancora ad Arese, anche se Marco si era trasferito prima a Limbiate e negli ultimi mesi appunto a Bovisio Masciago in casa di Stella. "Lavorava come impiegato alla FMA di Arese (azienda metalmeccanica specializzata nella forgiatura di acciai al carbonio, acciai legati, inox, duplex, superduplex e leghe speciali, ndr) e si era preso tantissimo di quella donna. Per questo anche quando il 27 dicembre lei lo aveva già accoltellato una volta alla mano non l’aveva voluta denunciare e l’aveva perdonata. Anche la sera del fattaccio, il 6 gennaio, so che era rimasto a casa a prepararle la cena e poi è accaduto quello che è accaduto".
L’amico si lancia anche in qualche illazione, colpito ad esempio dal fatto "che lei non avesse macchie di sangue addosso o lividi... la verità verrà a galla". Il racconto fatto dalla giovane però è molto circostanziato e parla di vessazioni, violenze e del fatto che a spingerla a non denunciarlo fosse stata la paura per proteggere il figlio di 8 anni avuto da una precedente relazione. Ora i carabinieri, in attesa dell’autopsia, stanno ascoltando amici della coppia e scandagliando i telefonini della coppia, per verificare i particolari di quella che è stata definita dagli esperti come "una relazione tossica".
Intanto ieri Stella Boggio ha lasciato il carcere di San Vittore per andare agli arresti domiciliari a casa dei genitori, come ha deciso il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza Marco Formentin, che ieri mattina ha tenuto l’udienza di convalida dell’arresto eseguito dai carabinieri. Pochi minuti prima delle 10 la donna è entrata nell’ufficio del giudice, dove ha parlato, spesso interrotta dal pianto, per poco più di un’ora, ribadendo la sua versione sulla legittima difesa messa in atto dopo un’aggressione ricevuta dal compagno in seguito all’ennesima lite violenta che accadeva quando il 38enne, molto geloso, eccedeva con gli alcolici. A chiedere la misura cautelare alternativa alla custodia in carcere, voluta dalla Procura di Monza, è stato l’avvocato Manuel Messina, difensore dell’indagata di omicidio volontario aggravato dall’uso dell’arma da taglio.