
Mattia Del Zotto
Nova Milanese (Monza e Brianza), 9 gennaio 2020 - «Siamo persone di fede e ci è venuto naturale volgere lo sguardo in su, per cercare la forza di andare avanti. Purtroppo, indietro non si può tornare, si deve continuare a vivere, recuperando un briciolo di serenità". Domenico Del Zotto è il papà di Mattia. Due anni fa, il giovane allora 27enne uccise due nonni e una zia e avvelenò altri cinque familiari, versando del tallio nell’acqua minerale. "Dominato da una forma di sapere oscuro e totalizzante, che ha mosso la sua mano pluriomicida facendo insorgere l’idea di sopprimere coloro che gli stavano vicini, portata da una voce che era nella sua testa, la quale gli ordinava tutti i comportamenti da tenere, indicandogli quelli buoni e quelli cattivi e tra quelli buoni rientrava lo sterminio dei suoi cari", hanno scritto i giudici della Corte di Assise di Appello di Milano, che hanno confermato la sua assoluzione per vizio totale di mente.
Mattia si trova in una struttura protetta, dove dovrà rimanere per dieci anni: qui, sta recuperando le redini della sua mente e della sua vita. Il padre Domenico, che in quel maledetto ottobre del 2017 ha perso entrambi i genitori e una sorella, è persona di estrema gentilezza e pacatezza. Lui stesso chiamato all’arduo compito di elaborare l’inimmaginabile tragedia, che ha cambiato per sempre la sua vita e quella di una conosciuta e apprezzata famiglia di Nova Milanese, in Brianza. "La tragedia resta tale, ma piano piano dobbiamo cercare di dare normalità alle cose, alla quotidianità, e voltare pagina", dice. Il flash-back, ogni tanto, è inevitabile. I ricordi di quelle settimane di dubbi, lacrime e sconcerto, riaffiorano.
"Era tutto così incomprensibile – sussurra l’uomo –, con tante, troppe, cose che non quadravano. Nessuno allora avrebbe mai potuto pensare quanto invece stava accadendo". Adesso, però, è ora di guardare avanti, "Mattia sta facendo il suo percorso, sta meglio – dice il padre -. Noi abbiamo letto quello che hanno scritto i periti, non lo abbiamo giudicato perché non è nelle nostre competenze, lo abbiamo elaborato e compreso. Adesso vogliamo solo che vengano spenti i riflettori una volta per tutte e vogliamo guardare avanti. Da allora ad adesso molte cose sono già cambiate e, anche se nessuno ci ridarà più i nostri cari, con la forza della fede proseguiamo il nostro percorso".
Per il giovane ragioniere, disoccupato all’epoca dei fatti, la pubblica accusa aveva chiesto la condanna all’ergastolo, dopo che la sua perizia psichiatrica aveva concluso che risultava solo parzialmente infermo di mente: era incapace quando ha deciso di fare fuori i familiari, ma sano quando ha lucidamente pianificato come mettere in atto il suo piano di morte. Invece i giudici di secondo grado hanno confermato la sentenza assolutoria di primo grado.