MARCO GALVANI
Cronaca

Dox, il tatuatore delle auto: "La Cadillac dedicata a Elvis, il mio sogno americano"

Lorenzo Dossena è il Michelangelo dell’aerografo, richiesto in tutto il mondo. Il suo regno è un capannone a Monza dove si respira vernice e lo stile anni ’50

Lorenzo Dossena al lavoro nel suo capannone di Monza

Lorenzo Dossena al lavoro nel suo capannone di Monza

Monza - "Il mio compagno di banco correva nei kart e guardavamo i caschi dei vari piloti famosi. E anche a me, col motorino, piaceva avere il casco colorato". Erano gli anni dei paninari, ma "io non avevo bisogno dei vestiti firmati, mi bastava quello che sapevo fare con una bomboletta in mano. Anche se non sapevo disegnare".

Lorenzo Dox Dossena i suoi primi esperimenti li ha fatti in cameretta. E "col casco personalizzato, in quel tempo, c’ero solo io. Al massimo li vedevi in televisione". Poi la passione è diventata un lavoro. E oggi il Dox, come ormai lo conoscono in tutto il mondo, è un’istituzione. Il principe dell’aerografo. Un 'tatuatore' di auto, moto, camion e pure elicotteri. Anche se "i primi lavori sono venuti delle catastrofi – ammette Lorenzo –. Perché mica sono nato col dono, però ho imparato la tecnica". La prima sfida? "L’amico di un’amica di mia mamma correva in moto e per il Rally di Sardegna mi ha chiesto di personalizzargli il casco. Ero gasatissimo". Il resto lo ha disegnato in una carriera di trent’anni. Idee e creatività sono nel suo Dna.

E te ne accorgi subito entrando nel suo regno, un capannone lungo una piccola traversa di viale Lombardia a Monza. Lì dentro si respira l’odore della vernice e quello stile anni Cinquanta fatto di pinup, foglie d’oro e brillantini. Memorabilia, modellini d’auto, cerchioni, serbatoi di Harley e le fiamme che avvolgono le colonne. La coda di una Corvette trasformata in divano è parcheggiata davanti a una parete di t-shirt e sotto i tacchi, un pavimento a scacchi bianchi e neri. In quel laboratorio sono nati e hanno preso forma progetti che hanno cambiato il modo di personalizzare le carrozzerie. La differenza la misuri non soltanto col metro del talento, ma anche con i micron della verniciatura. Capaci di trasformare, "anche di tanto, la forma di un oggetto. Un’auto, il serbatoio di un’Harley, la cabina di un camion". Il custom è il suo mondo.

La prima asticella l’ha alzata oltre vent’anni fa quando "sono andato in fiera a Verona portando quattro moto, ma soprattutto un elicottero". Poi l’ingresso nell’Olimpo è avvenuto con la Cadillac ‘59 Elvis III. Un capolavoro "fatto con una squadra super". E "siamo stati il primo e unico team italiano nella storia a portare una full custom in America e a conquistare premi nei più importanti car show della West Coast, dal Grand National Roadster Show di Pomona all’Autorama di Sacramento e il Concorso d’eleganza di Rodeo Drive a Beverly Hills. Con la Elvis ci siamo superati – riconosce il Dox –, un anno e mezzo di lavoro e sacrificio per curare ogni minimo dettaglio, compreso l’aspetto esterno del motore. Così abbiamo portato l’eccellenza italiana del mondo e abbiamo fatto vedere cosa siamo capaci di fare". E "da allora il mantra è: se abbiamo fatto la Elvis, non ci spaventa più niente". La prossima sfida? Una ZZR di George Barris, una movie car realizzata dal re del custom che ha costruito pure l’auto del Flinstones e la Batmobile.