Ottant’anni. Tanti ne sono passati da quando per la prima volta il corteo nato per rievocare il gesto di San Martino, percorse le strade di Bovisio Masciago. Era il novembre del 1945. La sfilata nasceva allora come un inno alla pace, la guerra era finita: non più soldati chiamati alla guerra, ma uomini vestiti sì da soldati ma per dare vita a una manifestazione unica. Ancora oggi, dopo ottant’anni, per un giorno intero, e solo una volta l’anno, Bovisio Masciago torna indietro nel tempo. È quello che accadrà domenica pomeriggio, quando l’orologio alle 15 in punto si fermerà alla data del 334 dopo Cristo. Un diciottenne, Martino, figlio di un tribuno militare e soldato egli stesso, dopo aver ricevuto il battesimo avrebbe dato prova della sua carità e amore per il prossimo tagliando in due il proprio mantello e donandone metà a un povero. L’episodio ha ispirato anche il detto l’estate di san Martino, poiché secondo la leggenda dopo quest’atto di carità il tempo, da freddissimo, si fece mite.
La comunità di Bovisio Masciago, nel 1945, per dare un significato particolare ai festeggiamenti per la fine della Seconda Guerra Mondiale, decise di onorare il santo - a cui sono dedicate due chiese in paese - rievocando questo episodio della sua vita. Da allora, grazie al lavoro del Comitato San Martino, nell’ambito della festa patronale di San Martino promossa dalla Comunità pastorale, ogni anno in coincidenza del giorno della sua sepoltura, il paese si trasforma e si popola di centurioni, legionari, monaci, vestali, pastori: all’incirca cento comparse che sfilano per le vie di Bovisio Masciago, con centinaia di persone ai bordi delle strade ad ammirare la rievocazione storica. Davanti a questo corteo anche una ventina di cavalli con tanto di cavalieri, tra cui spicca quello riservato a Martino. E poi ancora la biga romana che ripercorre per sommi capi le vicende di quel periodo. Il personaggio che sicuramente fa più presa sugli spettatori è quello del povero, che per calarsi meglio nella parte gira quasi seminudo nonostante la rigida temperatura. Il momento clou della tradizionale cavalcata storica è proprio quello del taglio del mantello, ripetuto più volte nel corso del pomeriggio. Poi tutti nel campo sportivo dell’oratorio, dove verrà ricostruito un tempio romano: Martino sale al tempio, abbraccia la croce e con un cambio di scena riappare vestito da vescovo.
Dietro a tutto questo c’è il lavoro di un anno intero soprattutto per quanto riguarda la coreografia e la preparazione dei costumi, tutti cuciti dalle donne del paese e fedeli agli originali. Anche le comparse sono residenti in paese: mentre sfilano è possibile riconoscere i ragazzi dell’oratorio, il mobiliere che magari ti ha arredato la casa, il negoziante da cui vai ogni mattina. Ieri come oggi. Anche allora i cavalieri erano i contadini di Masciago che, in sella ai loro cavalli da tiro, rivestiti da costumi romani presi a noleggio dal Teatro alla Scala di Milano, si godevano il grande momento di festa, attorno al maestoso Santo a cavallo e al povero zoppicante, trascinato dal suo cane.