Appena arrivati in carcere, e appena diffusasi la voce di cosa avevano fatto quei due ragazzi ricoperti di tatuaggi, sono partiti gli insulti. E un detenuto, straniero, gli aveva lanciato addosso una caffettiera. Per questo Jordan Tinti e Gianmarco Fagà, sottoposti a fermo l’11 agosto per rapina in concorso aggravata dall’uso delle armi (coltelli) e dalla discriminazione razziale, si sono spaventati. Perché un conto è giocare a chi la spara più grossa, un conto è urlare improperi in una canzone, un altro è avere a che fare con i delinquenti veri. L’episodio è quello accaduto alla stazione ferroviaria di Carnate lo scorso 10 agosto. Tinti e Fagà, in arte rispettivamente Jordan Jeffries Baby e Traffik, aggrediscono a parole operaio nigeriano di ritorno dal lavoro. Lo inseguono, lo insultano, lo minacciano: "Ti ammazziamo perché sei nero". I carabinieri della Stazione di Bernareggio li rintracciano nel giro di poche ore. In carcere però li attende la reazione degli altri detenuti, al 50 per cento di origine extracomunitaria."Il mio cliente non è mai stato messo in isolamento però - spiega l’avvocato Biagio Ruffo, del Foro di Monza, difensore di Tinti -. Anche se ha chiesto di essere messo sotto protezione. Il carcere di Monza ha preso in considerazione la richiesta ma, non avendo una sezione ad hoc, valuterà la possibilità di chiedere il trasferimento in un altro carcere che possa fornire un’adeguata protezione. Ma si tratta al momento solo di un’ipotesi".
Martedì scadevano i termini per presentare ricorso al Tribunale del Riesame, proposto dall’avvocata di Traffik, Ilaria Rapali, del Foro di Roma. Ma al momento nulla sembra essere stato fatto. "Non credo in questa strategia - spiega Ruffo, penalista di antico pelo -: al momento l’ordinanza di custodia cautelare non offre molti appigli". Dopo la rapina, i due trapper, con la fedina già macchiata, erano scesi alla stazione di Milano Porta Garibaldi. E avevano aggravato la propria posizione: entrati in un supermarket, avevano mangiato e bevuto rifiutandosi di pagare. Ne era scaturita una denuncia, che non aveva fatto altro che comprovare la gravità della loro condotta quel giorno.