Con Arianna Talamona, sono altri tre gli atleti brianzoli di nascita o “adottivi“ che hanno le valigie pronte per Parigi. Sono Alessia Berra, anche lei nel nuoto, Alessandro Galbiati, nell’atletica, Livia Cecagallina, nel tiro sportivo, in tutto un poker d’assi per il quale tutti i brianzoli potranno fare il tifo.
Alessia Berra, nata a Monza, ha 30 anni e nuota per la Polha Varese, come Talamona. "Lo sport – si racconta – rappresenta la possibilità di mettersi alla prova, di essere sempre in lotta con se stessi, un laboratorio di sperimentazione di gioie e dolori, vittorie e sconfitte". Affetta dalla maculopatia causata da malattia di Stargardt, è la mamma a portarla in acqua quando è ancora piccolissima. Successivamente quello che è un semplice imparare a stare a galla, diventa la sua passione. "Questo sport mi dà soddisfazioni immense nel momento in cui mi rendo conto di essere in grado di superare i miei limiti". Prima di una gara ha imparato a cantare una canzone per abbassare il livello di ansia. Non si ispira a nessuno in particolare: "Mi piace cogliere il positivo che c’è in tutti gli atleti, la capacità di mantenere la calma o di sprigionare energia, a partire dai miei compagni di squadra". Nuoto ma non solo, nella sua vita: "Per tre anni ho fatto la maestra di educazione fisica in una scuola elementare e sono istruttrice di nuoto". Un avversario che teme più degli altri non c’è: "Ho scoperto che sono ragazze come me, le ammiro perché sono brave, ma io voglio cercare di essere più forte. Portare in alto il Tricolore, a Parigi, sarà emozionante, un grande onore per me".
Anche Alessandro Galbiati è nato a Monza, ha 26 anni e gareggia per la Gsd Non Vedenti Milano: velocità e salto in lungo, ma come guida di Arjola Dedaj. "Faccio sport sin da piccolissimo. Ed è stata sempre l’atletica leggera. Non avrei mai pensato di intraprendere un percorso del genere, ma all’università che frequentavo ho deciso di cogliere la sfida e sono partito. Ho solo un compito, prima della gara, far sentire Arjola tranquilla e sicura, senza metterle alcuna pressione". Il suo idolo sportivo è "Usain Bolt. Devo a lui la passione per l’atletica, fin da ragazzino. Nello sport paralimpico dico Arjola, perché mi ha fatto conoscere questo mondo".
L’approccio non è stato, però, tutto in discesa: "La parte più complicata, nel lavoro di guida, è stata la gestione del salto in lungo, principalmente nel dare indicazioni, destra e sinistra, invertite rispetto al mio punto di vista". Difficoltà superate. Ora all’orizzonte il massimo evento agonistico per un atleta: "A Parigi mi aspetto un’atmosfera come quella trovata al mondiale a cui ho partecipato, ma con un’intensità superiore". Prima della gara? "Cerco di trovare con la routine di riscaldamento delle buone sensazioni da portare poi in pista".
Livia Cecagallina, 25 anni, gareggia per il TSN Monza. "Il momento più emozionante della mia giovane carriera è stato l’argento nel 2022 ad Al Ain, ma ogni gara è unica", racconta Livia, al suo debutto paralimpico a Parigi 2024. Al tiro a segno arriva proprio nel 2022, a seguito di un peggioramento della sindrome di Ehlers-Danlos, la patologia genetica a causa della quale solo alcuni mesi prima era stata sottoposta a un’operazione salvavita. "Lo sport ha sempre occupato un posto speciale nella mia vita, sia prima che dopo l’insorgere della malattia. Ma il tiro a segno è stato amore a prima vista, anche se all’inizio non riuscivo a distinguere una carabina da un fucile". Un difetto? "Voler strafare. Però con il tiro a segno sono riuscita a migliorare questo e altri lati del mio carattere, come la pazienza e la disciplina". Nella vita si divide tra sport, studio, svago e musica. A suo parere la parola che meglio descrive lo sport paralimpico è resilienza. "Si tratta di vedere la propria vita andare in pezzi e avere comunque la forza psicologica ed emotiva di fronteggiare la situazione. Ci vuole tanto coraggio e autoconsapevolezza per rendersi conto dei propri limiti e reinventarsi".
Alessandro Crisafulli