Aicurzio (Monza e Brianza), 22 aprile 2022 - "Dove posso donare?". Poche parole raccontano Fabiola Colnaghi, la 58enne di Aicurzio ammazzata di botte dal figlio, Davide Garzia, di 24 anni. Probabilmente è l’ultimo pensiero scritto dalla donna prima che la lite con quel ragazzo tanto amato mettesse la parola fine alla sua vita. Erano per i profughi ucraini sulle pagine social del paesino alle porte di Monza per i quali voleva fare qualcosa di concreto. Nulla di più lontano dalla tragedia che si è consumata poche ore dopo nell’appartamento di via della Vittoria a due passi dal cimitero, dove abitava con lui. Il condominio è impacchettato, ci sono i lavori in corso, ma nessuno ha sentito niente all’ora di pranzo. Forse perché non c’è stato quasi niente da sentire.
L’omicidio d’impeto si sarebbe consumato in fretta, l’occhio allenato dei carabinieri legge alla svelta la scena del delitto. La casa è la cornice di una vita dignitosa, senza grilli per la testa, ordine e pulizia, gli argini sicuri di chi è abituato a fare sempre il proprio dovere. Fuori posto c’è solo il corpo a terra di Fabiola, casalinga. Finita a calci e pugni dopo una lite. L’ultima di una serie, ma non è ancora ufficiale. Sono i vicini ad ammettere a denti stretti che "sì qualcosa si sentiva", ma nulla che potesse anche solo lontanamente fare ipotizzare l’esplosione di poche ore fa.
E’ stato lo stesso Davide a consegnarsi ai carabinieri: "Ho ucciso mia madre. Venite", ha detto al telefono al 112 aspettando l’arrivo della pattuglie. I carabinieri lo hanno trovato in piedi, immobile, sull’uscio di casa, e sempre lui ha indicato ai militari dove trovare il corpo senza vita di Fabiola Colnaghi. C’è da ricostruire il quadro, i loro rapporti, la mamma era rimasta vedova durante la separazione dal marito, aveva un nuovo compagno, era felice, e forse c’entrano i problemi del giovane, disoccupato, a trovare la propria strada.
Garzia è stato sentito dal pm in caserma a Vimercate. Al centro dell’interrogatorio il legame con la madre attorno al quale ruota tutto. Uno spintone che diventa uno schiaffo, un altro ancora e poi un pugno, nonostante il terrore negli occhi di Fabiola. L’autopsia, disposta dalla Procura di Monza, stabilirà l’esatta causa del decesso. Non è difficile immaginare la scena. Ed è sconvolgente per tutti. Nel piccolo borgo dei Templari il tempo si è fermato. Il parroco, don Stefano Strada, dice che "c’è da mettersi le mani nei capelli. Il dolore per quel è successo ci lascia senza parole. La domanda è come si arriva a questo punto. Non li conoscevo. Ma non cambia la sostanza". Gli investigatori stanno sentendo amici e familiari per ricostruire i motivi dell’attrito, ma qualunque siano "non riusciamo a credere che sia successo davvero", ripete chi li conosceva.