DARIO CRIPPA
Cronaca

Monsignor Marino Mosconi, a Monza un arciprete in pantaloncini: “Ora camminate insieme a me”

Ingresso solenne della nuova guida spirituale della città, per la prima volta è intervenuto l’arcivescovo di Milano

Un arciprete in pantaloncini: "Ora camminate insieme a me"

L’arcivescovo di Milano Mario Delpini e il nuovo arciprete Marino Mosconi all’ingresso del Duomo, alla sinistra di quest’ultimo il predecessore, l’arciprete emerito Silvano Provasi

È arrivato in pantaloncini, in divisa da boy scout. Perché a scotarlo eccezionalmente c’erano decine di boy scut, i “suoi“ boy scout, di cui è stato per una trentina d’anni assistente spirituale. Un ingresso senza dubbio toccante e inusuale, quello di ieri pomeriggio di monsignor Marino Mosconi. Nuovo arciprete di Monza. Una figura densa di significato, quella dell’arciprete, storica per la città che orgogliosamente mantiene, all’interno della Diocesi di Milano, la fedeltà al rito cattolico romano invece che a quello ambrosiano. E che dal 768 dopo Cristo ha diritto a un proprio arciprete con prerogative vescovili come la mitria, l’anello e il bastone pastorale e persino ha diritto a una scorta armata come il pontefice, il corpo degli Alabardieri. Ieri persino quella dei Cavalieri del Santo Sepolcro

Monsignor Marino Mosconi, 59 anni, arciprete numero 75 nella storia di Monza, ha preso ufficialmente le insegne nella messa solenne pontificale celebrata ieri pomeriggio in Duomo e “benedetta“ dalle mani dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini. Era la prima volta nella storia che l’arciprete di Milano accompagnarva questo "rito così suggestivo", come lo ha lui stesso definito dall’altare.

Da dove non si è trattenuto con un sorriso dal fare un paio di battute affettuosamente ironiche verso la città di Monza, "così colta e antica da considerare Milano una sua periferia" e ha benedetto monsignor Mosconi – "lui sa tutto" ha scherzato – sino all’altro ieri suo cancelliere arcivescovile, ma anche giudice del Tribunale ecclesiastico e docente in due università.

Nato il 26 dicembre del 1964, il nuovo arciprete ha ricordato nella sua omelia un episodio della storia della Chiesa, e di quel gruppo di fedeli che proprio nel mese di dicembre del 1299 andò a Roma senza annunciarlo a nessuno e ne tornò con l’indulgenza e la decisione del pontefice di istituire per la prima volta il Giubileo.

Poi l’arciprete si è rivolto ai suoi nuovi parrocchiani – lui che è nato a Milano ma cresciuto a Parabiago – ricordando di essere giunto "in questa città per cercare altri uomini e donne che si pongano la stessa domanda" di chi andò a Roma alle soglie del 1300 cercando "un senso all’esistenza" e ha chiesto ai monzesi di "camminare insieme" e anche mantenere "l’ironia dell’ortodossia", che fa capire chi è veramente superiore, cioè Dio. E ha ricordato che la chiesa "non è un caveau pieno di oggetti preziosi come questo Duomo, ma un pezzo di cielo caduto sulla Terra" e in questo caso "a Monza".

La chiesa, gremita fino ad esplodere, ha accolto le sue parole e i passaggi fondamentali del rito di ingresso fra gli applausi. Dando coronamento a una cerimonia che era cominciata molto prima, con il corteo al fianco degli scout, l’incontro con il vicario episcopale padre Michele Elli davanti alla chiesa di San Pietro Martire, la sfilata lungo via Carlo Alberto, l’incontro sotto l’Arengario col prefetto Patrizia Palmisani e il sindaco Paolo Pilotto prima di entrare in chiesa dove lo attendevanon i sacerdoti del Duomo e della città, oltre alle massime autorità civili, delle forze dell’ordine e militari della città.

Poi la lunga celebrazione eucaristica solenne con la messa cantata, l’organo e i canti innalzati dalla Cappella Musicale. Ad accogliere il nuovo arciprete sulla soglia del Duomo il suo predecessore, ora arcivescovo emerito, monsiglior Silvano Provasi, che al compimento dei 75 anni e 17 dei quali trascorsi alla guida della comunità cattolica monzese aveva scritto alla Diocesi di Milano per rimettere il suo mandato nelle mani dell’arcivescovo. E che ieri ha presentato a monsignor Mosconi al suo ingresso nella basilica di San Giovanni la croce capitolare da baciare, primo atto di una cerimonia d’altri tempi.