ANTONIO CACCAMO
Cronaca

Un mese in ospedale col Covid: "Togliere il casco è stato come rinascere"

Quella che racconta Giuseppe Fuscà è la storia di un miracolato

di Antonio Caccamo

Quella che racconta Giuseppe Fuscà è la storia di un miracolato. Cardiopatico, a fine febbraio ha preso il Covid. Polmonite bilaterale, un mese di ospedale, 18 giorni passati con il casco dell’ossigeno in testa. Ora è guarito ed è tornato a casa. "Anche se Il percorso di recupero temo che sarà ancora lungo e faticoso", dice.

È convinto che a salvarlo siano state non solo le cure, ma anche il sostegno morale dei medici e degli infermieri del reparto Covid rosa bianca dell’ospedale di Vimercate. "Ogni mio passo avanti veniva accolto come una vittoria di tutti. C’era coinvolgimento autentico e sincero. E questo mi ha dato la forza per andare avanti". L’incubo per quest’uomo di 62 anni comincia a fine febbraio quando appaiono i primi sintomi: congiuntivite, affanno notturno, e un po’ di tosse secca. "Essendo cardiopatico non do a questi segnali il dovuto peso". Solo che nei giorni successivi si aggiungono stanchezza, dolori muscolari e un forte raffreddore. Il suo medico gli prescrive un tampone che conferma la positività. Comincia la terapia domiciliare ma va sempre peggio, mentre per fortuna la moglie, anche lei contagiata, risponde bene alle cure. Lui la notte di venerdì 5 marzo crolla e un’ambulanza lo deve portare al pronto soccorso. "Mi sono trovato in uno scenario da guerra. Con letti e malati nei corridoi in attesa di ricovero". Viene portato nel reparto Covid rosa bianca. "Il medico non nasconde la gravità della situazione dicendomi che con le mie patologie tutto è contro di me, tranne l’età". Le cose infatti vanno sempre peggio e deve passare all’uso del Casco Cpap che terrà per 18 giorni. "Descrivere cosa si prova con quel casco non è facile. È un continuo rumore che nei momenti di maggiore intensità è molto simile allo sferragliare di due treni che si incrociano in galleria a velocità sostenuta. Anche quando è meno forte è sempre fastidioso, altera i suoni e i rumori che provengono dall’esterno, isolandoti e creando effetti addirittura allucinogeni". Impossibile resistere senza tappi alle orecchie. In più la terapia prevede che il paziente debba stare il più possibile a pancia in giù: "Per muoverti devi essere aiutato dagli infermieri". Quando sembrava tutto perso "intorno al decimo giorno i parametri cominciano a migliorare. Lo intuivo dall’entusiasmo di medici e infermieri. Tolto il casco dopo 18 giorni e avuto l’ossigeno per altri 12, ho ripreso a respirare di nuovo da solo. È stato come nascere una seconda volta".