REDAZIONE MONZA BRIANZA

Una montagna di rifiuti ferma il “risarcimento“

Una montagna di rifiuti ferma il “risarcimento“

Prima un rinvio per trattative in corso su un’eventuale oblazione, quantomeno per le accuse minori. Ora un altro slittamento di sette mesi perché non è stato completato il previsto smaltimento dei rifiuti. Bisognerà attendere fino a metà aprile per il processo infinito sui presunti reati ambientali di Asfalti Brianza. Di fatto il dibattimento, per un procedimento penale avviato nel 2019 dalla Procura di Monza, non è mai partito perché la difesa degli imputati ha chiesto di essere ammessa all’oblazione, un rito alternativo al giudizio penale secondo cui, con il pagamento allo Stato di una somma di denaro prestabilita, si estingue un reato punito con una contravvenzione. Ne stanno discutendo la pubblica accusa e la difesa e già il giudice ha concesso un rinvio prima di decidere se proseguire con l’istruttoria. Il dibattimento si è già aperto con la costituzione di parte civile dei Comuni di Monza, Concorezzo, Agrate, Brugherio e dell’associazione Legambiente per ottenere un risarcimento dei danni dal titolare del bitumificio di Concorezzo.

Un’altra delle condizioni previste per evitare il giudizio è quella di smaltire i rifiuti e neanche questa prescrizione è stata ancora portata a termine e necessita di un altro rinvio. Una grande pazienza compensata dal fatto che tutti i costi di bonifiche che non potessero essere eseguite dalla società finirebbero per pesare sulle tasche delle amministrazioni comunali. Dopo numerose e prolungate segnalazioni dei residenti (che lamentavano odori nauseabondi, costretti a chiudere le finestre anche in piena estate per non soccombere a puzze e bruciori alla gola, nausea, vomito) e l’intervento delle autorità competenti che avevano svolto le necessarie verifiche, erano partite le indagini, che avevano portato anche allo stop delle attività dell’azienda fino alla sospensione della Autorizzazione unica ambientale. Ma nel frattempo la polizia provinciale ha ancora sequestrato una parte dell’impianto e anche mille metri cubi di rifiuti speciali in cumuli alti oltre 10 metri, che sarebbero stati miscelati con altri già presenti così che il nuovo composto potesse essere utilizzato all’interno di costruzioni e pavimentazioni stradali. Il titolare dell’attività, secondo gli inquirenti, poteva invece accedere all’area sequestrata soltanto per eseguire quanto disposto dalla magistratura, vale a dire la rimozione dei rifiuti presenti e non certo per proseguire l’attività. Di qui una nuova denuncia.

S.T.