Renate (Monza Brianza) – “Lavoro qui da 36 anni, ho sempre fatto maniglie, prima di me ha lavorato qui mio padre per 40 anni, adesso mi mancano cinque anni e mezzo alla pensione e non so cosa succederà”. Rosario Maaldi è uno dei lavoratori storici della Valli di Renate e ricorda ancora quando nello stabilimento storico di via Concordia a Renate erano impegnate ogni giorno fino a 250 persone.
Oggi ne sono rimaste 38, tra dipendenti amministrativi e addetti alla produzione e per loro il futuro è a tinte fosche dopo la decisione, definita “irreversibile”, annunciata da Asso Abloy Italia, attuale proprietà dell’azienda, di chiudere la fabbrica, che quest’anno celebra i 90 anni di attività. “Le commesse erano in calo, il lavoro era diminuito da un po’ di tempo e lo capivamo, ma naturalmente in tutti c’era la speranza di poter arrivare almeno alla pensione, visto che qui in molti siamo avanti con gli anni”, prosegue Magaldi.
Già, il problema è sempre lo stesso di fronte a queste chiusure annunciate all’improvviso o quasi: il dramma di chi è troppo giovane per andare in pensione ma troppo vecchio per riuscire a reinserirsi agevolmente nel mercato del lavoro. Come Rosario, che è un rappresentante sindacale della Uil, sono molti altri i lavoratori che dovranno trovare rapidamente un Piano B nel caso in cui venisse confermata la scadenza fissata dall’azienda a fine anno.
Ieri pomeriggio, l’assemblea sindacale convocata d’urgenza è stata l’occasione soprattutto per ascoltare e capire lo scenario. Molti lavoratori non hanno ancora metabolizzato la notizia che potrebbe stravolgere la loro organizzazione di vita, sottolineavano i rappresentanti sindacali all’uscita dallo stabilimento. I lavoratori hanno abbandonato la fabbrica subito dopo, uscendo direttamente in auto dal parcheggio interno, con poca voglia di fermarsi a parlare.
Intorno alla fabbrica c’è poco passaggio di persone, in una strada in cui si alternano su un lato capannoni artigianali, sull’altro campi coltivati e ville di pregio con ampi giardini protette da alte siepi. Un anziano in bicicletta ricorda i tempi d’oro, “quando la Valli viaggiava forte e portava benessere”. L’azienda, come ricorda la descrizione affidata alla homepage del sito Internet, “si è sviluppata intorno all’intuizione originaria del suo fondatore, secondo il quale una maniglia non è un semplice utensile di ferramenta ma una scultura dotata di una propria personalità, come una piccola opera d’arte domestica”.
Fu Carlo Edoardo Valli, diventato poi presidente dell’Associazione industriali di Monza e Brianza e della locale Camera di Commercio, “a perfezionare e portare a compimento l’intuizione del padre, inventando il concetto di ”maniglia d’autore“ e inaugurando, con grande anticipo sui tempi e sulle mode, una rivoluzionaria collaborazione con alcuni dei designer e degli architetti più conosciuti”, avviando così “la produzione delle prime maniglie firmate”. Nel 2008 la cessione dell’azienda da parte della famiglia alla multinazionale svedese, per circa 30 milioni di euro, come si legge nelle cronache dell’epoca.