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Vimercate, processo Malaspina: "Facevo contratti, non fatture false"

Si è voluta discolpare in aula l’avvocata Fabiola Sclapari accusata di essere complice del costruttore

"Ero una consulente del geometra Malaspina, ho partecipato alle riunioni, dove però non si decideva di predisporre fatture false né cessioni di credito fittizie". È perentoria, nonostante la voce spesso incrinata, nel proclamare la propria innocenza l’avvocata Fabiola Sclapari, una dei professionisti coimputati di Giuseppe Malaspina nel processo che vede il costruttore calabrese trapiantato a Vimercate accusato a vario titolo insieme ad altre 14 persone per associazione a delinquere, corruzione, bancarotta fraudolenta, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Secondo la pubblica accusa, rappresentata dai pm della Procura di Monza Salvatore Bellomo e Giulia Rizzo, l’avvocata ha fatto parte della ‘corte dei miracoli’ incaricata di salvare dal fallimento l’impero immobiliare milionario di Giuseppe Malaspina. Circostanza fortemente negata dall’imputata, che ieri ha voluto sottoporsi a interrogatorio davanti ai giudici per chiarire la propria posizione. "Il geometra Malaspina è cugino di mia mamma - ha raccontato Fabiola Sclapari, 45 anni, seregnese - e per lui lavorava già come consulente legale mio papà, che è morto nel 2005.

Nel 2008 il geometra mi ha proposto di lavorare per lui come consulente, non facevo parte dei suoi dipendenti. Io predisponevo bozze di contratti, ma non li riconosco in quelli presentati dalla Procura. Partecipavo alle riunioni con Malaspina e altri professionisti, ma nego che in quelle riunioni si decidesse su fatture false o cessioni di credito fittizie". In seguito al fallimento della società “Ideo”, il 5 novembre del 2015 era scattata la perquisizione dei finanzieri negli uffici di Malaspina di via Fiorbellina a Vimercate. "Era in corso un’attività di occultamento della documentazione, stavano svuotando gli uffici, buttando tutto, con le ruspe davanti alla sede che scaricavano scatoloni di materiale in un container di quelli trasportabili - ha ricostruito in aula il maresciallo di Monza - Dalle intercettazioni emerge la paura dei dipendenti di un’imminente perquisizione, di cui probabilmente erano stati avvertiti. Si parla di buttare acqua sui server dei computer, di distruggere i documenti. Mentre l’avvocata Sclapari era arrivata in retromarcia con la sua auto e stava caricando documentazione, che poi ha spontaneamente consegnato. Riguardava gli affari più personali di Malaspina e i fascicoli con le cambiali relative a tutte le società del Gruppo".

S.T.