"Stavo lavorando al piano superiore per armare una soletta e ho sentito “è caduto, è caduto“. Sono andato giù a vedere e ho capito che era precipitato in una botola scoperta". Un collega del cantiere edile ha ricostruito così ieri in aula l’infortunio sul lavoro avvenuto il 13 maggio del 2021 e, secondo la Procura di Monza, costato la vita - sette mesi dopo - a Nazzareno Cristofalo, operaio di 58 anni di Verano Brianza. Ora al Tribunale di Monza sono imputati di omicidio colposo in concorso V.C., 55 anni, della provincia di Bergamo e R.C., 51 anni, della provincia di Brescia. Al dibattimento si sono costituiti parti civili la moglie e i due figli della vittima. L’uomo, origini calabresi e residente in paese con la famiglia, è deceduto in seguito a un malore avuto in casa e purtroppo si è dimostrata inutile la corsa a sirene spiegate in ospedale. Subito dopo l’infortunio, avvenuto in un cantiere in via Preda a Verano Brianza, il muratore di 58 anni era stato soccorso in codice rosso e trasferito con un grave trauma cranico e diverse lesioni all’ospedale San Gerardo di Monza dove era stato ricoverato nel reparto di terapia intensiva neurochirurgica. Le sue condizioni di salute erano rimaste molto delicate. L’area di cantiere, in seguito al sopralluogo effettuato dal personale dell’Ats, era stata sottoposta a sequestro preventivo. Insieme ai soccorsi del 118 giunti con un’ambulanza e l’elicottero erano accorsi gli agenti della polizia locale e i carabinieri della Compagnia di Seregno. Secondo l’accusa formulata dal pm della Procura di Monza Carlo Cinque, gli imputati, rispettivamente capo cantiere e titolare dell’impresa edile che aveva preso in appalto i lavori, sono responsabili della morte del muratore 58enne per avere “omesso di disporre un parapetto e un tavolato fissato solidamente per coprire l’apertura in cantiere“, una cosiddetta bocca di lupo, permettendo che il lavoratore precipitasse e cadesse proprio all’interno della botola.
"La vittima lo vedevo che veniva due o tre volte alla settimana in cantiere a scaricare il materiale – ha raccontato davanti alla giudice Giulia Marie Nahmias l’operaio chiamato come testimone al processo –. La botola era solitamente coperta con pannelli in ferro incastrati tra un pianale e l’altro, ma probabilmente quel giorno li avevano tolti per portare su il materiale perché la botola era l’unico punto di accesso oltre alle scale per fare passare il materiale ingombrante che non passava dalla scala". Si torna in aula con altre testimonianze.
Stefania Totaro