MARIA GRAZIA LEPORATI
Cronaca

Yoko Ono: l’arte per la pace nel pianeta

Sognare un mondo senza bombe e senza stragi, più umano e più vivibile per tutti senza bambini privati di ogni cosa

Le opere di Yoko Ono sono presenti nelle collezioni dei più prestigiosi musei di tutto il mondo

Le opere di Yoko Ono sono presenti nelle collezioni dei più prestigiosi musei di tutto il mondo

Si è appena conclusa la mostra "Heal" della famosa attivista giapponese Yoko Ono, ospitata a Monza dalla galleria Maurizio Caldirola Arte Contemporanea. Questa famosa artista e attivista giapponese, nata nel 1933 e quindi ormai novantaduenne, conosciuta soprattutto per il suo matrimonio con John Lennon dei Beatles, è un personaggio di rilevanza internazionale nel campo dell’arte contemporanea e le sue opere sono presenti nelle collezioni dei più prestigiosi musei del mondo.

Appartenente al movimento artistico Fluxus, negli anni ‘60 cominciò a sperimentare nuove forme artistiche con opere che spaziano dall’arte concettuale a quella performativa. Le opere esposte nella galleria monzese, provenienti dalla Tate Gallery di Londra, rappresentano a pieno l’attività pacifista che l’artista mette al centro fin dall’inizio della sua carriera.

La mostra ha proposto al pubblico due installazioni diverse nello stesso spazio. Innanzitutto l’opera Helmets - Pieces of Sky (Elmetti - Pezzi di cielo) presenta elmetti della Wehrmacht, la fanteria dell’esercito nazista, appesi al soffitto con un filo trasparente, rovesciati e riempiti di pezzi di puzzle che, messi insieme, rappresentano un cielo azzurro. È il cielo che i soldati non potevano vedere perché coperto dai fumi delle bombe e ogni elmetto rappresenta un soldato caduto che guarda il cielo ormai rotto in mille pezzi.

Lo spettatore è invitato a interagire con l’installazione: può prendere i pezzi del puzzle, provare a combinarli tra loro. Questo serve a creare nello spettatore empatia con il tema della mostra e a provocare alla riflessione sul valore della pace, ancor più prezioso oggi che nel mondo si sente parlare tanto di guerra. E il pensiero va alla indimenticabile canzone “Imagine” di John Lennon, e alla speranza di un mondo che vive in armonia, senza violenza e ingiustizie.

L’altra installazione si chiama We Are All Water (Siamo tutti acqua): è composta da bottiglie riempite di acqua, personalizzate nel corso degli anni dai singoli partecipanti all “performance” che l’artista ha ideato per la prima volta nel 1967 per la galleria Lisson di Londra. L’acqua diventa metafora della condizione umana e spinge lo spettatore a riflettere sul tema dell’uguaglianza nella diversità. Noi siamo come l’acqua nelle bottiglie: pur contenuti in recipienti differenti, alla base condividiamo la stessa essenza.

Chi ha la possibilità di vivere la mostra di persona è colpito dal numero delle bottiglie di vetro che compongono l’esposizione: sono oltre 150 le persone che hanno partecipato alla performance nel corso degli anni, apponendo la loro firma su ognuna di esse. Nomi di personaggi famosi, ma anche di persone comuni: tutti semplicemente acqua dentro una bottiglia trasparente. Perché l’acqua è vita: la vita che è dentro ognuno di noi, la vita che c’è dietro ogni etichetta.

Così l’arte diventa uno strumento potente per promuovere i valori della pace e dell’uguaglianza.