DARIO CRIPPA
Cultura e Spettacoli

Andrea, il bambino prodigio di Love me Licia: "I fan mi scrivo ancora. Guadagnavo più di mamma e papà"

Valerio Floriani, classe 1981, fu reclutato in una scuola di Monza per la serie cult degli anni Ottanta ispirata al cartone Kiss me Licia: “Con quei soldi mi sono pagato la Bocconi, oggi faccio il direttore del personale”

A sinistra, Valerio Floriani oggi. A destra, nei panni di Andrea con Pasquale Finicelli, il mitico Mirko dei Bee Hive nella serie tv

A sinistra, Valerio Floriani oggi. A destra, nei panni di Andrea con Pasquale Finicelli, il mitico Mirko dei Bee Hive nella serie tv

“Un giorno di pioggia Andrea e Giuliano incontrano Licia per casoooo...”. La voce di Cristina D'Avena introduce così uno dei programmi più amati degli anni Ottanta, Kiss me Licia , prima anime giapponese, poi cartoon e telefilm (Love me Licia, poi Licia dolce Licia) che per 4 anni impazza in Tv. Ancora oggi c'è chi continua a scrivere a quell' Andrea, il bimbo boccoluto della serie, dopo 40 anni. Le lettere non sono più di carta (“me ne arrivava un sacco pieno zeppo a settimana”), non ci sono più mucchi di peluche, ma lo spirito dei reduci di allora sembra lo stesso. Sui social il destinatario si ritrova ancora a rispondere, benché oggi il paffuto Andrea, all'anagrafe Valerio Floriani, classe 1981 , sia ormai un uomo. Riccioli non ne ha più (“ma era una parrucca, tremendamente calda”) e nella vita è un manager di successo, laurea in Economia alla Bocconi, retta pagata anche coi compensi della Tv. “Anno 1986. In Italia impazzava una serie tratta da un cartone di successo pensata soprattutto per i pre-adolescenti”. La star è la cantante Cristina D'Avena, regina delle sigle.

E Andrea, scusa Valerio?

"Sono del quartiere San Giuseppe di Monza, figlio unico di un carabiniere e di un'impiegata delle Poste. Mi avevano iscritto all'asilo ma io piangevo, una pena. Allora provarono con la scuola Mamma Rita. Lì la mia vita cambiò".

Smise di piangere?

"Un giorno vennero a girarci una puntata di Licia dolce Licia con i Bee Hive, il gruppo musicale protagonista della serie. Non immaginavo che stessiro cercando un nuovo bambino per interpretare Andrea. I produttori mi videro e chiesero alla mia maestra di parlarmi. Mi domandarono se mi piacessero i cartoni e se conoscevassi Cristina D'Avena. Chi non la conosceva ai tempi? Mi dissero: 'Ti piacerebbe lavorare con lei?'. E il bello è che io risposi 'no'. Avevo solo 5 anni”.

Non era.

"Lasciarono il numero alla maestra, m'invitarono al provino, una chiacchierata davanti alle telecamere. Mi trovai catapultato in Tv".

Il successo le cambiò la vita.

"Andavo ormai alle elementari, ma dovevo entrare dieci minuti dopo e uscire dieci minuti prima per evitare la folla. Alle 12.30 veniva a prendermi l'auto della produzione e mi portava a Cologno Monzese, dove c'era la Fininvest. Restavo lì fino a sera. Si giravano le scene, ma soprattutto giocavo e facevo i compiti. Me li facevano fare sarta e truccatrici. Nel tardo pomeriggio arrivavano i fan, si firmavano gli autografi: all'inizio, visto che non sapevo ancora scrivere, bastava una X”.

Era pesante?

“Era come un parco colorato in cui tutti volevano giocare con me”.

Cristina D'Avena era la star.

“Ed era gentilissima”.

E fuori di lì?

"Ecco, mi rendo conto di aver perso parte della mia infanzia. Una volta andai al supermercato con i miei genitori. Mi riconobbero e si bloccò tutto. I fan mi assediavano".

Il suo rapporto con i coetanei?

"Con i compagni di classe nessun problema, per loro ero sempre lo stesso. Fuori dovevo evitare di farmi vedere in giro, non potevo andare all'oratorio oa giocare a calcio".

Problemi?

“Un po' di invidia dai ragazzi più grandi che incontravo nei corridoi, anche se non me ne sono mai reso troppo conto”.

Ho venduto?

“Una volta mia madre me lo disse: in una settimana guadagnavo 4 o 5 volte quello che i miei guadagnavano in un mese”.

Roba da far girare la testa.

"I miei genitori furono molto saggi. Non mi spinsero mai a fare quella vita ei soldi li misero su un libretto di risparmio. Mio nonno, che aveva fatto la guerra in Russia e si era trovato con Peppino Prisco, anni dopo vicepresidente dell'Inter, mi diceva: 'a 12 anni io già lavoravo alla Breda!'. Beh, non era certo la stessa cosa ma io il primo libretto di lavoro lo feci a 5 anni... anche se per me in fondo era solo un gioco".

Aneddoti?

"Una volta venne sul set la mia maestra con la figlia: ci era toccato ripetere una scena una dozzina di volte: si svolgeva su un letto ei pomelli facevano riflesso con le luci. Tutti erano estenuati, io restavo tranquillo. La maestra disse: 'Da grande uno così farà il prete o lo scienziato'. Scoppiammo tutti a ridere".

Poi finisce tutto.

"Dopo quattro anni, l'onda si stava ormai esaurendo e al momento di continuare dissi di no. Avevo deciso che bisognava continuare a studiare. Feci anche una pubblicità, ricordo che eravamo in 300 al provino. Quando arrivai io, mi scelsi subito, il mio volto era noto ma non me la sentii. Non reggevo all'idea di passare davanti a tutti quei bambini che attendevano da ore. Non era la mia strada. E, dopo qualche no, le porte di quel mondo, che sapeva essere spietato, si chiusero Ormai le cose stavano cambiando, in Tv arrivavano le grandi serie americane, non c'era più spazio per una serie casereccia come quella”.

E dopo?

"Ho studiato, i soldi li ho usati per pagarmi l'università alla Bocconi. Per quasi 15 anni ho girato il mondo come consulente d'azienda, ora sono direttore del personale".

Stai ancora guardando i miei colleghi?

"Con Cristina D'Avena ci scriviamo, ma nulla di più, con i Bee Hive sono andato anche a una reunion qualche anno fa. Di loro ho un ricordo eccezionale, non è che suonassero proprio davvero come si vedeva in Tv, ma ricordo un concerto al vecchio Palatrussardi: c'era il tutto esaurito e sul palco salirono anche tutti gli attori. Beh, tornai a casa con la maglia strappata dai fan. Mi divertii un mondo, avevo 7 anni".