DARIO CRIPPA
Cultura e Spettacoli

Brianza da set, nella villa dell’amante del re un film da Oscar

“Il giardino dei Finzi-Contini” venne girato nella residenza Litta Bolognini Modigliani di Vedano al Lambro e a Gerno di Lesmo

Una scena girata in Brianza

Monza, 23 febbraio 2020 - La villa sorge accanto al Parco di Monza. Seminascosta dalla vegetazione e dalla cinta muraria, racchiude una storia ricca di fascino, eleganza e un pizzico di mistero. Stiamo parlando della Villa Litta Bolognini Modigliani di Vedano al Lambro. Proprietà in origine dei marchesi Gallarati Scotti, venne rilevata nel 1811 dal conte Albe Litta, che la trasformò in una villa di delizia in stile anglosassone Tudor con parco e giardino. La villa di Eugenia Attendolo Bolognini duchessa Litta. La “bella Bolognina”, come veniva anche soprannominata nel salotti dell’epoca. L’amante del Re.

Una villa che cinquant’anni fa prestò la propria immagine a un film che sarebbe entrato nella storia del cinema. Era l’estate del 1970 quando in Brianza sbarcò la troupe di un film destinato a trionfare ai botteghini e ad aggiudicarsi premi prestigiosi come l’Oscar per il miglior film straniero e l’Orso d’Oro a Berlino.

Quel film si intitolava “Il giardino dei Finzi-Contini”, ed era tratto dallo struggente romanzo dello scrittore Giorgio Bassani, vincitore nel 1962 del Premio Viareggio. Forse non tutti ricordano però che il film tratto da quel romanzo venne girato in buona parte proprio dalle nostre parti. In parte a Vedano al Lambro, a Villa Litta Bolognini. La residenza nel film si trasformò nella villa dei protagonisti del libro, la famiglia ebrea dei Finzi-Contini. Anche se altre scene del film vennero girate nella villa Gernetto di Lesmo, divenuta negli ultimi anni residenza dell’ex premier Silvio Berlusconi. Ma è la villa di Vedano al Lambro a meritare attenzione. Qui viveva infatti una nobildonna tanto bella quanto emancipata, specialmente per quanto riguarda i costumi: si chiamava Eugenia ed era una donna capace di far girare la testa a personaggi del calibro di Napoleone III, dello scrittore francese Balzac, del compositore e librettista d'opera Arrigo Boito. Ed era soprattutto l’amante ufficiale di re Umberto I.

Umberto era infatti sposato con Margherita di Savoia, ma è risaputo che aveva anche un altro “matrimonio”, non nell’ufficialità ma nell’amore: quello che durò tutta la vita con la duchessa Eugenia. Quando i sovrani alloggiavano per l’estate nella Villa Reale di Monza, Eugenia si trasferiva nella sua dimora di Vedano al Lambro. E qui Umberto la raggiungeva a cavallo, dopo essere uscito da un passaggio segreto nel guardaroba del re. La vicenda narrata ne “Il giardino dei Finzi-Contini” è ambientata in realtà a Ferrara, negli anni compresi fra il 1935 e il 1943, anche se alle due antiche residenze di Vedano al Lambro e di Lesmo venne affidato il compito di rappresentare la nobile casa dei Finzi-Contini, con il loro enorme giardino e il campo da tennis.

Nel romanzo i Finzi-Contini, famiglia ricca e altolocata, tanto da risultare isolata anche nei confronti della stessa comunità ebraica di Ferrara, si trovano inevitabilmente ad avere a che fare con gli sconvolgimenti della storia. Protagonisti sono in particolare Micol, la bella e irrequieta figlia, e suo fratello Alberto, mentre a sconvolgere le dinamiche familiari saranno le leggi razziali, la persecuzione degli Ebrei e la deportazione in massa nei lager della famiglia Finzi-Contini.

A girare il film, che era stato accostato per anni a grossi nomi come quelli dei registi Luchino Visconti o Valerio Zurlini, fu alla fine un altro mostro sacro della cinematografia italiana e internazionale come Vittorio De Sica, già trionfatore per esempio agli Oscar con “Ladri di biciclette” e “Sciuscià” piuttosto che a Cannes, quando si era aggiudicato la Palma d’oro con la pellicola “Miracolo a Milano”. Per la sua nuova sfida cinematografica, De Sica scelse come attori star in erba come la ventiduenne rivelazione francese Dominique Sanda, l’italiano Lino Capolicchio e il tedesco Helmut Berger, già rivelatosi al pubblico col precedente “La Caduta degli Dèi” di Visconti.

E così questa troupe si ritrovò a girare in Brianza, sotto gli sguardi - tenuti a distanza ma incuriositi (e ammirati) - di decine di brianzoli. "Pensavo da tempo a questo film – confessò in fase di lavorazione De Sica – anzi, ci ho sempre pensato, ormai non pensavo nemmeno più di farcela". I suoi sforzi ebbero esito felice.

Il regista di capolavori come appunto “Ladri di Biciclette”, “Sciuscià” o, più di recente, “Matrimonio all’italiana”, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, compì 69 anni a Monza durante le riprese. E in quell’estate del 1970 a Monza il regista e la sua troupe scoprirono anche la possibilità di apprezzare il bello e il buono della Brianza. Si sa che De Sica e compagni si concessero pranzi e cene in ristoranti rappresentativi del nostro territorio come il Saint Georges Premier nel Parco di Monza e l’Antico Ristorante Fossati alla Canonica di Triuggio. Si può solo immaginare la curiosità dei presenti.

A suscitare ammirazione fra i brianzoli, pare che fosse soprattutto la bellezza genuina e provocante di Dominique Sanda, che per entrare nel cast della pellicola aveva vinto la concorrenza della cantante Patty Pravo: le cronache dell’epoca la descrivono in pantaloni e avvolta in un languido scialle di seta, i bigodini in testa, fra una pausa e l’altra sul set. Oppure a cena, mentre con una sigaretta in mano non disdegnava di sorseggiare un bicchierino di whisky a fine pasto.