
Pier Luigi Sangalli viveva a Villasanta
Villasanta (Monza e Brianza) – Aveva cominciato da bambino, facendo le caricature dei compagni e dei suoi professori che appendeva in oratorio. Si sarebbe ritrovato anni dopo a diventare uno dei fumettisti più celebrati d’Italia, legando la propria arte soprattutto (ma non solo) a Braccio di Ferro, di cui per trentasette anni, dal 1963 al 2000, era stato la “mano“ italiana. È morto giovedì sera Pier Luigi Sangalli. Aveva 86 anni e a darne la notizia è stata una delle quattro figlie, Elisabetta, che per anni lo aveva anche aiutato preparandogli i fondali quando fare fumetti richiedeva un lavoro massacrante, che aveva portato papà Pier Luigi a sfornare ogni giorno tavole a ritmo industriale: quasi sessantamila la sua produzione totale in carriera, fino a 270 al mese, oltre 5mila copertine. Richiestissimo, amatissimo, con un Braccio di Ferro (ma anche decine di personaggi allora in voga come Geppo o Provolino, Felix The Cat o Soldino) immaginati per la prima volta per un’editoria che si rivolgeva un pubblico di bambini. Un Braccio di Ferro i cui tratti ricordavano il volto del suo stesso disegnatore italiano e il suo occhio un po’ fisso per via di una maculopatia.
Tutti amavano il Braccio di Ferro di Pier Luigi Sangalli, tanto che anche il suo illustratore ufficiale americano, Hy Eisman, aveva confessato di ispirarsi a un certo punto un po’ ai disegni del “collega“ brianzolo. Nato a Monza, ma trapiantato a Villasanta, un paesino alle porte del Parco, dopo gli studi da ragioniere aveva provato anche a lavorare nel settore, “a contare“ le pizze dei film per la Warner Bros. Era durato un giorno, immediatamente fuggito per lanciarsi nel mondo dei fumetti. Con le casa editrici di Renato Bianconi a Milano, la sua fortuna, e l’approdo all’americano Braccio di Ferro, che in Italia all’epoca non funzionava. Dopo la “cura“ Sangalli, l’esplosione.
Amatissimo anche dalle star dell’epoca, come avevano più volte ricordato alla radio personaggi come Monica Vitti o Mina, Braccio di Ferro aveva spopolato. Le case editrici di Bianconi si erano trovate a sfornare decine di personaggi, da Zurlino Apprendista Mago a Merlotto, lo sceriffo Dormy West, Saruzzo, il Caporale Pignatta, il Fantasma Eugenio, Monco l’Olimpionico. Ritmi di lavoro indiavolati, anche 12-13 ore al giorno, ma sempre con il sorriso, una squadra di cui facevano parte fra gli altri anche il capostipite Alberico Motta e Sandro Rossi, entrambi brianzoli.
Sempre al passo coi tempi, come nella striscia in cui Braccio di Ferro prendeva a calci alcuni politici che avevano venduto un terreno giochi strappato ai bambini per farci una speculazione edilizia, pubblicata in piena epoca Tangentopoli. Con Sangalli chiamato da tutti i giornali convinti che si trattasse di un omaggio ad Antonio Di Pietro “anche se la verità era che l’avevo disegnata tre anni prima” confessò lui. Come avrebbe voluto essere ricordato uno come Pier Luigi Sangalli? A questa domanda, che gli avevamo posto in una vecchia intervista per Il Giorno, aveva risposto con semplicità: “Come uno che faceva ridere, il nostro lavoro, in fondo, era proprio quello… un lavoro molto divertente in cui non mi limitavo a disegnare, facevo anche le sceneggiature: forse ero “scemo”, ma quando trovavo una gag secondo me particolarmente divertente mi mettevo a ridere da solo”. Questo pomeriggio alla chiesa parrocchiale di Villasanta, alle 15.30, i funerali. E chissà se a vincere, nel ricordo, sarà il diavoletto Geppo o se ancora una volta ad avere la meglio saranno Braccio di Ferro con i suoi spinaci e Olivia.