GABRIELE BASSANI
Economia

Renate, chiusura della Valli. Tutti gli errori della proprietà svedese

Mobilitazione trasversale in Regione: chiesta la convocazione delle parti in commissione

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L’azienda Valli a Renate

Renate (Monza), 10 settembre 2024 – Sulla crisi della Valli e la decisione inaspettata di chiudere la storica fabbrica di maniglie di Renate, interviene la politica, per tentare di salvare il salvabile, ammesso che ci sia ancora la possibilità di farlo.

Se il capogruppo della Lega in Regione Lombardia, Alessandro Corbetta, aveva annunciato già venerdì l’intenzione di chiedere la convocazione delle parti in Commissione Attività produttive, sul fronte politico opposto Gigi Ponti del Pd invita a "fare quadrato con lavoratori e sindacati per scongiurare un amaro epilogo a quella che è una eccellenza del territorio”.

Secondo Ponti la decisione di Assa Abloy Italia, parte del gruppo multinazionale svedese che dal 2008 è proprietaria dell’azienda di maniglie creata nel 1934 da Pasquale Valli, è "da contrastare con assoluta risolutezza, tenendo conto del valore storico e sociale di un’azienda che ha contribuito a far crescere il made in Brianza nel mondo”.

“Proprio all’alba dei 90 anni di attività – prosegue Ponti – l’azienda che per decenni è stata leader di mercato, grazie alle intuizioni imprenditoriali delle famiglie Valli e Colombo e dagli anni ‘90 da quelle di Carlo Edoardo Valli, imprenditore noto in Brianza che ha guidato per anni l’Associazione Industriali e la Camera di Commercio, viene rubricata con una lettera inviata a clienti e fornitori a semplice ramo secco da tagliare al più presto. E se non ci fossero di mezzo le vite e il futuro di decine di famiglie, si potrebbe definire questa situazione come surreale”.

Ma il consigliere regionale, già sindaco a lungo di Cesano Maderno, si spinge oltre puntando il dito sulla gestione dell’azienda negli ultimi anni da parte dell’attuale proprietà. "La gestione del management della multinazionale svedese e le discutibili scelte commerciali hanno eroso a dismisura i ricavi in un mercato che, al contrario, si mantiene florido. Si tratta di errori che vengono quindi scaricati sulle lavoratrici e lavoratori dello stabilimento di Renate, senza alcun ripensamento o piano di rilancio”.

Le difficoltà di mercato da parte dell’azienda di Renate erano note da mesi e fin qui tamponate solo grazie al ricorso alla cassa integrazione, che ha consentito ai lavoratori di proseguire con attività ridotta sperando probabilmente in una inversione di tendenza che non è mai arrivata, fino alla comunicazione perentoria della scorsa settimana: si chiude il prossimo 31 dicembre.

Una comunicazione formulata “in modo improvviso, sbrigativo e a mio parere irrispettoso”, dice Ponti. Che ha a sua volta depositato richiesta di audizione urgente alla IV Commissione Attività produttive della Regione Lombardia. Per Corbetta "ci troviamo di fronte all’ennesimo caso in cui una multinazionale prima acquista delle realtà che hanno fatto la storia industriale, imprenditoriale ed economica della Brianza e che poi, da un momento all’altro e senza sentire ragioni, annuncia la dismissione dell’intero comparto aziendale”.