
St, l’ora della verità. Il colosso del chip convoca a Catania i metalmeccanici
A chiedere al governo di battere un colpo su ST erano stati i metalmeccanici, Fim, Fiom e Uilm, a più riprese da dicembre. E, ora, a distanza di pochi giorni dall’ultimo sollecito, la multinazionale dei semiconduttori fissa un incontro con i sindacati.
L’appuntamento è per il 20 febbraio a Catania. Nel frattempo, la gestione dell’azienda è stata al centro di un colloquio l’altro ieri, a Parigi, fra il ministro delle Imprese Adolfo Urso e il suo omologo, Eric Lombard, a margine dell’incontro nella capitale francese sull’intelligenza artificiale. Uno scambio "su come il gruppo potrà affrontare al meglio le nuove sfide di mercato". Nulla di più sin qui nonostante la partecipazione paritaria del 27% fra Mef e l’esecutivo d’Oltralpe nel colosso del chip.
Tutta sbilanciata verso i cugini, secondo gli ex dirigenti che hanno testimoniato per la class action americana contro l’ad Jean-Marc Chery e il direttore finanziario Lorenzo Grandi. Secondo gli investitori americani "traditi", i vertici avrebbero "nascosto la reale situazione dei bilanci accaparrandosi così la fiducia del mercato". Accuse sulle quali i manager sarebbero pronti a difendersi "con solide argomentazioni legali". Ma a porre dubbi sulla governance, sono i risultati sotto le attese di quasi 4 miliardi nel 2024 e il piano di riduzione dei costi che potrebbe avere ricadute sull’occupazione.
"E un primo segnale negativo in questa direzione arriva dalla Sicilia – dice Pietro Occhiuto, segretario della Fiom-Cgil Brianza –. Ieri, ST ha chiesto due settimane di cassa integrazione ordinaria fra marzo e aprile per un massimo di 2.500 addetti in produzione motivate da un calo di commesse". Sarà uno dei punti da discutere al faccia a faccia della prossima settimana. Il primo dopo i venti di crisi che spirano sul gruppo con casa madre ad Agrate, più di 5mila dipendenti in Brianza, ma quasi 13mila se si contano i siti sparsi per l’Italia. Tremano i lavoratori in attesa di capire dove porterà tutta questa situazione: "Se l’azienda crede che il 20 febbraio ci accontenteremo di un incontro formale, si sbaglia di grosso – aggiunge il segretario –. Pretendiamo risposte concrete e impegni vincolanti. La Fiom non accetterà decisioni unilaterali che penalizzino il personale, né il disimpegno dal Paese su tecnologie strategiche. Senza garanzie rilanceremo la mobilitazione con ancora più forza. Il tavolo è frutto dello stato di agitazione proclamato in tutti gli stabilimenti".
L’affondo è anche sul governo: "Palazzo Chigi non può più rimanere in silenzio: abbiamo chiesto un incontro, ma finora non è arrivata alcuna risposta. La politica industriale del settore e il futuro di migliaia di persone non possono essere gestiti nell’ombra. Chiediamo con fermezza che l’esecutivo si assuma le proprie responsabilità e convochi al più presto le parti sociali".