Bergamo, 1 febbraio 2021 - "Nel mio quartiere, una decina di palazzi Aler, non è mai venuta un'ambulanza. Questo perché ho fatto prevenzione, ho stampato volantini, ho avvisato tutti". Laura Capella, 58 anni di Bergamo, è una tosta. Lo si sente dalla voce, lo si capisce quando racconta quei primi mesi terribili nella sua città, quando non ha smesso di fare la volontaria andando casa per casa a portare la spesa, le medicine. "Di volontari ne sono morti molti, io ho perso un cugino alla lontana, aveva 33 anni. Non è vero che muoiono solo gli anziani. Chi era in prima linea non era tutelato. Siamo stati i più colpiti e i meno aiutati, ci siamo sentiti presi in giro e abbandonati. Nessuno ha mosso un dito per noi, né a destra né a sinistra sono arrabbiata con tutti".
A un anno di distanza dall'inizio di quest'incubo, Bergamo si è sì tirata su le maniche, perché non si molla mai, ma non ha fatto pace con quello che è successo. La frustrazione e il senso di ingiustizia ribollono. Nel comitato Noi Denunceremo trovano sfogo, ma non si placano. "Io ho perso mio papà Mario - prosegue Laura -, aveva 84 anni. Viveva a Chiavenna, lo sentivo tutti i giorni, sette, otto volte al giorno ma non andavo a trovarlo, per sicurezza. Dall'inizio della pandemia l'ho visto solo una volta, poi mai più...". Mario Capella non è tra le prime vittime, quelle di marzo investite da uno tsunami di cui ancora non si capiva quasi nemmeno il nome. "Qui stavamo attentissimi, io prendevo tutte le precauzioni possibili e immaginabili, come faccio ora. A lui dicevo di non uscire ma metteva la mascherina e usciva lo stesso". Il 29 maggio precipitano gli eventi: "Mi chiama e mi dice che gli mancava il respiro, ma non sospettavo il Covid, fumava tanto e aveva altre patologie". Viene ricoverato a Chiavenna, ma il giorno dopo viene portato al reparto Covid di Sondalo. "Il tempo di mettergli la C-Pap pochi minuti ed è spirato. Sono arrabbiata perché non mi hanno avvisata, l'ho lasciato a Chiavenna e l'ho ritrovato morto a Sondalo".
Laura fa parte del comitato Noi Denunceremo per sapere cos'è successo a suo padre ("sulla cartella c'è scritto che è morto di Covid ma vorrei vederci chiaro") ma soprattutto perché "noi bergamaschi siamo una grande famiglia". Una grande famiglia arrabbiata, ancora adesso, a quasi dodici mesi da quanto tutto ha avuto inizio: "Non ci siamo dimenticati di quando il sindaco Gori ci invitava ad andare in giro, ad andare al ristorante. Io sono tra quelli che è andata a manifestare in Città Alta sotto casa di Gori, bastava che si affacciasse per rassicurare i commercianti e invece nulla". E ancora, i bergamaschi vogliono capire perché non sia stata fatta la zona rossa a Nembro e Alzano, perché non sia stato chiuso se non per poche ore il pronto soccorso di Alzano. "Ho una zia, delle cugine che abitano lì, avevano cpaito subito che qualcosa non andava e si sono barricate in casa. Perché invece i trecento carabinieri giunti qui per la zona rossa, dopo tre giorni a Zingonia sono stati fatti andare via?".
Domande a cui la magistratura cercherà di dare una risposta, grazie anche alle centinaia di esposti. E intanto la vita faticosamente va avanti: "A Natale con mio figlio ho fatto l'albero, piaceva tanto a mio papà. Ma resto molto amareggiata, i nostri ragazzi non ce la fanno più, i commercianti, i ristoratori non ce la fanno più. Abbiamo dovuto superare uno tsunami, ma adesso sappiamo come affrontare l'emergenza. Se il vaccino è la nostra salvezza, fateci vaccinare tutti. Ecco, per i prossimi mesi mi auguro ristori e vaccini. Presto".