MANUELA MARZIANI
Cronaca

Allarme peste suina, sempre più allevamenti a rischio: “Virus diffuso dall’uomo”

“Non è stato fatto abbastanza”, secondo i tecnici dell’Unione europea. Ma il neocommissario: “Costruiamo barriere, militari per i controlli”. I Nas di Cremona indagano sull’ipotesi di prescrizioni anti contagio ignorate

E' allarme per la peste suina in alcuni allevamenti lombardi (foto d’archivio)

E' allarme per la peste suina in alcuni allevamenti lombardi (foto d’archivio)

Due anni di lotte, abbattimenti, l’ampliamento della stagione della caccia, la costruzione di barriere e maggiori fondi messi a disposizione, eppure cinque regioni italiane sono ancora alle prese con la peste suina africana e in Lombardia è allarme. In provincia di Pavia in particolare dove sono sei i focolai (Mortara, Gambolò, Torrevecchia Pia, Santa Cristina e Bissone, Marzano e Tromello) e due in provincia di Milano. E per gli esperti dell’Eu Veterinary Emergency Team della Commissione europea “la strategia di controllo” nel Nord Italia “dev’essere migliorata”.

“Per l’emergenza in Italia - ha indirettamente risposto Giovanni Filippini, commissario straordinario per la Psa, designato dal ministero dell’Agricoltura - è stata elaborata, anche alla luce delle raccomandazioni formulate in esito alla missione degli esperti della Commissione europea, una rimodulazione della strategia già condivisa con i ministeri competenti e pronta ad essere trasmessa a Bruxelles. In particolare, nelle zone di restrizione per Psa verranno potenziati gli aspetti relativi al controllo della popolazione di cinghiali e nella zona a confine con le aree infette verrà concentrata un’imponente azione di depopolamento in relazione ai cinghiali selvatici, finalizzata all`eradicazione della malattia e a preservare dall’infezione i territori indenni. In quest’area convergeranno anche le attività di controllo da parte delle forze armate”.

In Lombardia vengono allevati 4,4 milioni di capi, il 47% del totale nazionale: nelle ultime due settimane negli otto focolai sono stati coinvolti 19.179 suini. Dal 2021 in Lombardia sono stati soppressi 46mila cinghiali con una tendenza in crescita. In Emilia-Romagna è stato registrato finora un solo caso di infezione in un allevamento domestico, a Ponte Dell’Olio, in provincia di Piacenza, dove nei giorni scorsi sono stati abbattuti circa 750 capi. I prodotti a base di carne suina certificati Dop e Igp generano un fatturato stimato di circa 3,4 miliardi di euro.

“Sono proseguite - ha aggiunto Filippini - le azioni di confinamento delle popolazioni di cinghiali attraverso le operazioni di barrieramento di autostrade e altre arterie stradali, chiusura dei varchi e dei passaggi, al fine di limitare gli spostamenti dalle zone interessate dalla malattia alle zone indenni. Continuano, inoltre, le attività di sorveglianza. Verranno ulteriormente potenziate le risorse per la messa in sicurezza del settore suinicolo attraverso l’implementazione delle misure di biosicurezza. È attualmente in corso la gestione dei recenti focolai che si sono verificati negli allevamenti del Nord Italia. La collaborazione tra ministeri per il sostegno della filiera produttiva continuerà a essere prioritaria, senza trascurare l’importante coinvolgimento delle associazioni di categoria e di tutti i portatori di interesse, comprese le associazioni venatorie”.

“I nuovi focolai richiedono investimenti rapidi per migliorare la biosicurezza negli allevamenti - ha spiegato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini -. Non possiamo più assistere impotenti all’abbattimento indiscriminato di migliaia di animali sani a causa della diffusione del virus in una popolazione selvatica fuori controllo. La vera innovazione è prevenire, pensando a lungo termine e investendo nella ricerca, per evitare di dover sempre inseguire l’emergenza”.

In tutta la regione si stanno costruendo delle barriere di contenimento. Lo scorso luglio ne è stata costruita una di 1,5 chilometri a Bernate Ticino (Milano), lungo l’A4. Opere simili sono in corso di costruzione anche nelle zone di restrizione, lungo la A1 e la A51, tra Lodigiano e Cremonese. Ma la supposizione ora è che la diffusione del virus non sia dovuta solo ai cinghiali. Su questo stanno indagando i Nas di Cremona su incarico della Procura. L’ipotesi è che la mancanza di attenzione e di rispetto delle norme di contenimento da parte degli esseri umani possa aver portato a una diffusione del contagio. E La Regione sta valutando di imputare i danni sanitari ed economici agli eventuali responsabili.