Bimbo strangolato a Voghera dalla mamma, può essere un caso di baby blues? Le risposte dello psichiatra

Enrico Zanalda: “Il 10-15% circa delle neomamme soffre della così detta depressione post partum che se non riconosciuta e trattata, nel 50% dei casi può essere presente sei mesi dopo il parto e nel 20/25% a distanza di un anno”.

Voghera, 15 luglio 2023 – Cosa è successo a Elisa Roveda, la mamma di 44 anni che ha strangolato e ucciso il figlioletto Luca di neanche un anno a Voghera? La donna è ricoverata nel reparto di Psichiatria di Pavia e per il procuratore capo Fabio Napoleone "sono attualmente in corso le indagini volte a far luce sull'esatta dinamica dei fatti, nonché sulle condizioni psicofisiche della donna". Luca era un bambino fortemente voluto e cercato ma da un paio di mesi però sembra che Elisa avesse iniziato ad accusare dei problemi psichici. “Aveva paura a restare da sola in casa, non voleva più guidare l’auto né recarsi al lavoro” racconta il padre della 44enne. Anche per questo si era presa una pausa dal lavoro e i familiari, in primis la mamma di Elisa e il marito, ma anche una zia, avevano organizzato una “staffetta” per non lasciarla mai sola in casa. Elisa era anche stata da uno psicologo privato che aveva iniziato a seguirla, ma sembra che non si fosse mai rivolta ai servizi sociali né tanto meno avesse mai dato segni di squilibrio o manifestato scatti d’ira nei confronti del figlioletto.

Delle risposte arrivano da Enrico Zanalda, presidente della Società Italiana di Psichiatria Forense

Potrebbe trattarsi di un caso di “baby blues”?

“Il baby blues, è una condizione di irritabilità/instabilità emotiva che colpisce 70-80 % delle donne dopo nei giorni successivi al parto. Dura una o due settimane e si risolve spontaneamente per cui non è considerato una condizione patologica. Viceversa, il 10-15% circa delle neomamme soffre della così detta depressione post partum che se non riconosciuta e trattata, nel 50% dei casi può essere presente sei mesi dopo il parto e nel 20/25% a distanza di un anno”.

E' vero che la nascita di un figlio può mettere a rischio la salute mentale di molte mamme fragili?

“Come tutti i grandi cambiamenti, la nascita di un figlio soprattutto il primo, è un momento di grande transizione e sfida per la mamma. Anche la grande gioia è un notevole stress e se la neomamma è una persona fragile dal punto di vista emotivo, ne è più difficile la gestione. La maternità comporta notevoli cambiamenti fisici, psichici e di ruolo, e può mettere a dura prova la resilienza della donna. Oltre ai cambiamenti fisici e biologici, tra cui le fluttuazioni ormonali, lo stress associato alla maternità è determinato dalla sfida nell'adattarsi al nuovo ruolo comprese le difficoltà determinate dalla responsabilità della cura del neonato. Vi sono poi delle condizioni patologiche che insorgono in coincidenza del parto o nei tre mesi successivi come la psicosi peripartum o la depressione post partum. A intercettare queste patologie sono sensibilizzati gli operatori sanitari del settore e sappiamo quanto sia fondamentale fornire tempestivamente il supporto professionale alle mamme che ne soffrono”.

Quali sono i segnali di malessere da monitorare? “La depressione post partum insorge generalmente nei tre mesi successivi al parto ed è sovente una depressione maggiore a tutti gli effetti. I sintomi caratteristici di grande allarme sono la “mancanza di progettazione nel futuro” e “l’incapacità di chiedere aiuto”, sensi di colpa, depressione del tono dell’umore con i caratteristici sintomi della mancanza di energie e di provare piacere, le crisi di pianto, sentimenti di disperazione, ansia e insonnia. La sintomatologia è generalmente più acuta al risveglio quando vi è il contrasto tra la giornata che inizia e lo stato interno della persona depressa che può essere cristallizzato sulla negatività e sulla convinzione di essere incapace a vivere una nuova giornata”.