Bressana Bottarone (Pavia), 14 marzo 2024 – Un mese di indagini, nel più stretto riserbo, senza far trapelare nulla che potesse mettere in allarme i sospettati. Fino ai 4 fermi, scattati nella mattinata di martedì e con interrogatori che si sono protratti a notte fonda, resi noti ieri dalla Procura di Pavia. La svolta nelle indagini per omicidio di Enore Saccò, 75enne di Bressana Bottarone, paesino dell’Oltrepò, ucciso la sera del 12 febbraio nella sua villetta in via Gramsci poi data alle fiamme per cercare di coprire ogni traccia del delitto.
Un giallo che poteva sembrare di difficile soluzione, con i pochi elementi trapelati nei primi giorni, seguiti dal totale silenzio per le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Pavia e della compagnia di Stradella. Fino a ieri non era stata neppure confermata l’identificazione della vittima, per la quale è stata necessaria la comparazione del Dna per le condizioni in cui era stato trovato il corpo, completamente carbonizzato.
Il profilo della vittima
In ogni caso non c’erano mai stati dubbi che si trattasse del 75enne, che viveva da solo nell’abitazione data alle fiamme in un rogo palesemente doloso per i diversi focolai d’innesco, con un fascicolo aperto subito per omicidio. E le indagini non potevano che partire dalla vittima, figura controversa. Un passato da tipografo, con la passione per gli oggetti vintage, che raccoglieva quasi come un accumulatore ma per rivenderli nei mercatini dell’usato.
Benestante, con un patrimonio immobiliare composto sia da esercizi commerciali sia da appartamenti che gestiva con intransigenza e spesso entrando in contrasto con gli affittuari. E uno dei 4 fermati è proprio il gestore di uno dei locali di proprietà della vittima: Omar Cosi, 35enne titolare del bar Il Clan dello Zarro in piazza Marconi a Bressana, è finito in carcere insieme ai tre amici, tutti del paese: Davide Del Bo, 40 anni, Antonio Verdicchia, 30 anni, e Sohal Nakbi, tunisino 26enne. Tutti e quattro con le medesime accuse in concorso: omicidio e occultamento di cadavere.
Il movente dell’omicidio
“Da quanto emerso dalle indagini tuttora in corso – conferma la Procura – l’omicidio sarebbe la diretta conseguenza di un diverbio, scaturito per ragioni economiche". Una lite pare nata per i soldi dell’affitto, finita in pestaggio: il 75enne sarebbe stato ucciso a botte, senza armi.
Quando era già morto, l’incendio dell’abitazione con il corpo all’interno, dopo un primo fallito tentativo – definito maldestro – di nascondere il cadavere caricandolo sul furgone della vittima, ritrovato abbandonato con abbondanti tracce di sangue. "Inoltre, nei giorni seguenti – spiega ancora la Procura – i soggetti fermati avrebbero posto in essere diversi tentativi di sbarazzarsi delle prove che avrebbero potuto collegarli all’omicidio, come indumenti e scarpe, poi ritrovati e sequestrati dai carabinieri nel corso delle perquisizioni".
Una svolta scattata quando i carabinieri sono stati "allertati da conversazioni intercettate che prefiguravano il possibile omicidio della fidanzata di uno degli autori del delitto al corrente del loro coinvolgimento", sviluppo di indagini con "analisi di ore e ore di immagini degli oltre 30 impianti di videosorveglianza recuperati, oltre che ascoltando numerosi testimoni che hanno potuto riferire utili indizi, consentendo servizi di osservazione ad hoc ed indagini tecniche".