REDAZIONE PAVIA

Bufera sul pranzo servito a chi è in difficoltà. Avventore denuncia: sono stato maltrattato

Una querela per presunta aggressione durante un pranzo al "Social bistro" della Fondazione Costantino a Pavia. Versioni contrastanti tra l'avventore e il presidente Costantino sulla qualità del cibo e sull'episodio.

Una querela per presunta aggressione durante un pranzo al "Social bistro" della Fondazione Costantino a Pavia. Versioni contrastanti tra l'avventore e il presidente Costantino sulla qualità del cibo e sull'episodio.

Una querela per presunta aggressione durante un pranzo al "Social bistro" della Fondazione Costantino a Pavia. Versioni contrastanti tra l'avventore e il presidente Costantino sulla qualità del cibo e sull'episodio.

È una querela “l’ammazzacaffè“ di uno dei pranzi serviti nel weekend al “Social bistro“ della Fondazione Costantino, che domani offrirà l’ultimo pasto alle persone in difficoltà. A presentarla è stato uno degli avventori che sostiene di essere stato aggredito dal presidente Francesco Costantino. "Si è messo a 20 centimetri da me, gridando che quella era casa sua e poteva fare quello che voleva – si legge nella querela –. Mi ha preso per una spalla nel tentativo di farmi alzare dalla sedia. Non riuscendoci, mi ha messo l’altra mano al collo stringendomelo. A questo punto, mentre mangiavo, mi sono alzato e delle persone hanno allontanato Costantino".

Differente il racconto del presidente della cooperativa che sostiene di essere intervenuto in difesa del lavoro dei volontari accusati dall’uomo di offrire cibo scadente e di pessima qualità (nella foto). "Il cibo non era scarso e scadente – sottolinea Costantino –. I contenitori sono piccoli perché devono stare nei vassoi, ma sono profondi, da 140 grammi e a nessuno è mai stato negato un bis, se lo chiedeva. Abbiamo dato la pasta di nostra produzione e cucinato con gli ingredienti che avevamo. Quanto all’episodio, un avventore, che pare non sia neppure persona in difficoltà, ha usato parolacce nei confronti dei miei ragazzi e, quando sono arrivato io, ha minacciato di spaccarmi la faccia e la mano. L’ho tenuto distante e accompagnato fuori perché la violenza nelle mie strutture non deve entrare e non si alza la voce. Per allontanarlo gli ho messo una mano sul petto, non gli ho fatto del male e non l’ho afferrato per il collo come sostiene". M.M.