
Angelino Rossi nella fotografia al pianoforte
"Dalle belle città date al nemico fuggimmo un dì su per l’aride montagne, cercando libertà tra rupe e rupe, contro la schiavitù del suol tradito". È la prima strofa di “Siamo i ribelli della montagna (conosciuto anche come Dalle belle città)“, uno dei pochissimi canti partigiani originali di cui sia rimasta traccia che nel 2000 è stato ripreso dai Modena City Ramblers.
Composto nel marzo del 1944 alla cascina Grilla, da soldati della 3ª brigata d’assalto, che operava sul monte Tobbio, in provincia di Alessandria è stato musicato da un pavese, Angelino Rossi, detto “Lanfranco“, giovane partigiano e all’epoca studente di musica. Il canto è nato sulle montagne, durante un turno di guardia, quelli in cui bisognava far passare il tempo senza lasciar calare l’attenzione. È stato il capitano della brigata, Emilio Casalini, detto “Cini“ a consegnare ad Angelino un testo dandogli un “ordine“: "Mettilo in musica". Su un foglio di carta da pacchi, Rossi ha scritto le note di quello che sarebbe diventato un inno dei partigiani.
"Mio zio era di indole molto buona - ha raccontato il nipote Lillo Rossi -, non avrebbe mai imbracciato il fucile, se non fosse stato costretto. Suo padre, però, non volle prendere la tessera del partito fascista e Angelino che nel 1944 aveva 20 anni è stato costretto ad andare a combattere sulle colline dell’Oltrepò e del Tortonese". La genesi del brano è stata raccontata da un altro partigiano Carlo De Menech, allora 18enne commissario politico del 5º distaccamento, e depositata all’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria, ma Pavia si è un po’ dimenticata che la musica era stata scritta da Rossi.
"Angelino non ne ha mai parlato - ha sottolineato Silvio Negroni, fondatore dei Fiö dla nebia che con Rossi ha suonato ed è stato amico -, difficilmente raccontava gli anni vissuti da partigiano".
Forse i ricordi delle battaglie pesavano molto nel cuore di Angelino, che sulle colline aveva visto morire Casalini, catturato e fucilato durante il rastrellamento nazifascista della Benedicta, mentre lui si era salvato per un soffio. "Lo zio era fuggito a un paio di retate - ha aggiunto Lillo Rossi -. In un’occasione si era nascosto sotto del fogliame, i tedeschi che erano a 2 o 3 m. di distanza non lo avevano trovato. Per anni, ogni volta che veniva ricordata la strage della Benedicta, avvenuta tra il 6 aprile e l’11 aprile ’44, dove dai militari della Guardia nazionale repubblicana e reparti tedeschi furono uccisi 75 partigiani, la mia famiglia ed io abbiamo partecipato". "Siamo i ribelli della montagna", invece, era stato accantonato. Angelino Rossi, dopo la guerra aveva ricominciato a fare il musicista.
Manuela Marziani