GABRIELE MORONI
Cronaca

Cesare Casella: del sequestro resta la cicatrice, ma non fa male

Il 30 gennaio 1990 tornava libero dopo 743 giorni nelle mani dei rapitori e la strenua battaglia di mamma Angela

Cesare Casella subito dopo il rilascio

Pavia, 29 gennaio 2020 - È il rapito più famoso d’Italia. Il suo è stato il sequestro più lungo (743 giorni), dopo quello contemporaneo (831 giorni) di Carlo Celadon. Quando viene prelevato, la sera del 18 gennaio 1988, Casella è un diciottenne bon vivant. Vive a Pavia, figlio del titolare di una concessionaria di automobili, e studia ragioneria all’istituto Bordoni. L’ultima delle sue tre prigioni sull’Aspromonte è a Lacchi di Torno, nel territorio di Platì. Lo liberano la sera del 29 gennaio 1990. La mattina dopo il ritorno a Pavia ed è festa. Davanti al comando carabinieri sono radunate centinaia di persone che scandiscono “Cesare Cesare” mentre l’ex ostaggio saluta con il pollice al cielo. Un 30 gennaio memorabile.

Cesare Casella, cosa ricorda di quella sera di trent’anni fa? "Mi hanno detto “Ti lasciamo andare”. Io non ci credevo, dopo diciassette mesi. Abbiamo camminato per dieci chilometri, fino a Natile di Careri. Mi hanno lasciato in una fiumara legato a un albero e sono scappati. Mi sono liberato. Ho raggiunto la strada. È passata un’auto e non si è fermata. Ne è passata un’altra e non si è fermata. È passata un’auto della polizia, era buio pesto e non mi hanno visto. Sono arrivato in quella casetta. Ho fatto le mie telefonate. Il 113 non ha risposto, il 112 sì. Sono corsi i carabinieri. Il motivo per cui sono tornato vestito da carabiniere". Aveva saputo della discesa di sua madre nella Locride? "All’inizio mi davano solo la “Gazzetta del Sud”, poi “Panorama” e “Quattroruote”. Facevano la loro censura sul quotidiano strappando le pagine e non toccavano le riviste. Così ho saputo di mia madre, l’ho vista incatenata". Era riuscito addirittura a ingrassare. "Sfido. Ero immobile, legato alla catena, giusto i movimenti liberi per fare un po’ di stretching. A parte questo, credo di essere uscito indenne di lì proprio per il ragazzo che ero. Ne facevo di tutti i colori. Se fossi stato un ragazzo tranquillo, da sequestrato avrei patito di più. Invece mi ero imposto di essere coerente con quello che era stato fino a quel momento il mio approccio con la vita: non prendersi troppo su serio". E ha scoperto di essere un famoso. Interviste. Ospitate televisive. Berlusconi che la invita a vedere il Milan. Il libro scritto con la mamma. Una specie di fenomeno mediatico... "Intanto dopo tre giorni sono tornato a scuola. Mi hanno tenuto buono il primo semestre. Per un po’ di tempo sono stato famoso, non per meriti miei. Sono stati mesi piacevoli. Un capitolo che si è chiuso in fretta". La fama passa. "L’ho visto da due episodi. Una sera sono stato fermato mentre andavo in discoteca con degli amici. Mi hanno riconosciuto mandato via con una pacca: “Lei, Casella, vada a divertirsi”. Gli altri sono stati trattenuti. Un paio di anni fa ero in scooter. Carabinieri. Controllo. Alcotest. Superavo il limite massimo dello zero e qualcosa. Ho provato a farmi riconoscere. Niente. I carabinieri erano due ragazzi, uno di ventiquattro, l’altro di ventisei anni. Risultato: patente ritirata. Giusto così. Io sono per il rispetto delle leggi e delle norme". Cos’ha raccontato di sé a sua figlia? "Ha nove anni. Si chiama Cloe Angelina. Tutti l’accostano alla Jolie. È un caso. Angelina era il nome di mia madre. Le ho detto che il papà era stato imprigionato per due anni. Lo ha riferito a scuola e quando andavo ai colloqui la maestra stava un po’ sulle sue. Pensava che fossi un pregiudicato uscito di prigione. Poi si è chiarito tutto. Il resto mia figlia lo scoperto su YouTube. Mi ha trovato in Wikipedia. Quando le ho spiegato che il 30 gennaio era il giorno della liberazione, mi ha chiesto se si stava a casa da scuola. In primavera arriverà il maschietto: Marcus Pietro. Pietro, come il nonno paterno". Chi è Cesare Casella, oggi. "Ho passato i cinquanta. Mi occupo di gestione e sviluppo immobiliare. Vado fiero di continuare la striscia imprenditoriale della mia famiglia. Essere imprenditori in Italia è una bella sfida e un bell’impegno. Quanto a quello che mi è successo, il tempo passa e cancella tutto. Come guardarsi una cicatrice: la tocchi, ti ricordi come te la sei fatta, ma non ti fa più male".