
Il primo cittadino Andrea Ceffa, 52 anni
Istigazione alla corruzione, corruzione e falsità ideologica. Sono i capi di accusa per cui la Procura di Pavia ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti gli indagati: il sindaco Andrea Ceffa, dalla fine di novembre ristretto ai domiciliari, l’ex-consigliera di maggioranza Roberta Giacometti, a cui Ceffa avrebbe fatto avere una consulenza legale da seimila euro per assicurarsene il voto all’interno di un consiglio comunale nel quale, in quel momento, la maggioranza era risicatissima, l’ex amministratice unica di Asm Vigevano, Veronica Passarella, l’ex-amministratore unico di Vigevano Distribuzione Gas Matteo Ciceri e il direttore amministrativo di Asm Vigevano e Lomellina, Alessandro Gabbi. Tutti finiti ai domiciliari, rimessi in libertà quando si sono dimessi, anche se rimane l’interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Su questa inchiesta se ne innesta una seconda che vede coinvolti Alberti Righini, imprenditore edile vigevanese e già presidente dell’Ance Pavia, e la sua compagna: Righini , con la mediazione dell’ex-europarlamentare leghista Angelo Ciocca, avrebbe offerto 15mila euro alla consigliera di maggioranza Emma Stepan. La proposta sarebbe arrivata al marito di Stepan, Luca Battista, e rimandata al mittente. Sulla questione, per altro, Ciocca ha querelato Battista. Come si incastrano allora le due vicende? Per capirlo meglio bisogna risalire a quella che è stata definita “la congiura di Sant’Andrea“ con cui gli appartenenti all’opposizione e diversi componenti della maggioranza avevano tentato di far cadere Ceffa e la sua amministrazione. Manovra fallita per il dietro-front del consigliere di Fdi Riccardo Capelli che, dopo aver firmato le dimissioni, le aveva ritirate, facendo fallire il “golpe“. A quel punto, è la tesi dell’accusa, Ceffa aveva deciso di reagire, assicurandosi il voto di Giacometti, unica eletta nella lista che lui stesso aveva creato come appoggio a quella della Lega, nell’assise cittadina, mediante una consulenza, formalmente assegnata a una terza persona considerata l’incompatibilità della consigliera con il ruolo di consulente. Alla luce degli elementi raccolti, la Procura ha perciò formulato per tutti i coinvolti la richiesta di rinvio a giudizio.