Pavia, 4 settembre 2015 - Raccontare. E informare. Dario Fo lo fa non solo con le parole, ma anche con le immagini. Sono 131 dipinti inediti, realizzati nel 2015 ma sulla base di bozzetti disegnati nel corso di tutta la sua vita di teatro, nei quali racconta «le lotte e la storia di un popolo». L’autore sarà presente, domenica alle 17.30, all’inaugurazione (inserita come evento clou nella giornata conclusiva della Festa del Ticino) in Castello (sala Mostre) della mostra ‘Dario Fo, Mistero buffo a colori. Opere dal Nuovo manuale minimo dell’attore’ (programmata fino al 18 ottobre). E sarà di certo uno spettacolo, come lo è anche l’allestimento della mostra. Per spiegare ai tecnici che stanno appendendo i quadri alle pareti, il Maestro si fa portare dei pezzi di carta, disegna il ritmo con il quale li vuole disposti. «È come un’onda nel fiume – dice Fo quasi danzando davanti a una delle pareti con i quadri – o del mare. È tutto un su e giù, qui si alza, poi si abbassa, è il ritmo stesso del respiro, del cuore, che si sente dentro, ma si deve far vedere. Così è anche più teatrale».
Premio Nobel per la letteratura nel 1997, 89 anni compiuti a marzo, per presentare la mostra inizia a raccontare di quando da bambino, a 5 o 6 anni, veniva portato dal nonno, contadino lomellino, nel giro delle fattorie a vendere ortaggi. «Tutti lo aspettavano – racconta Dario Fo – non solo per quel che vendeva, ma per quel che raccontava. Era come un giornale parlante, oltre che di semine e di raccolti parlava di politica, raccontava la cronaca. Perché bisogna informare, sempre». Per presentarsi come pittore, ricorda l’Accademia di Brera frequentata «con accanimento», ma poi abbandonata, come gli studi di Architettura, per dedicarsi alle scene. La pittura però lo ha sempre accompagnato nel corso di tutta la sua vita. «Dobbiamo ringraziare – ci tiene a precisare Susanna Zatti, curatrice della mostra – il lavoro di conservazione e catalogazione che Franca Rame ha fatto di tutti i bozzetti disegnati dal Maestro, che per ogni allestimento e opera teatrale, ancor prima di scrivere, ha sempre disegnato». Nei quadri c’è quello che Dario Fo portava in scena. E ogni opera ha una descrizione, scritta dallo stesso autore. «Bisogna spiegare, informare, per far capire cosa si sta guardando – dice spiegando i quadri appesi alle pareti –: qui è raccontato di quando abbiamo lasciato i teatri per andare a recitare nelle Case del Popolo; qui racconto della mafia, che esiste, ma di cui non si vuole che si parli». Si siede davanti a due grandi tele, unite: «Qui ho raccontato le tappe salienti della vita di San Francesco. Nessuno racconta della sua vera vita, del suo primo gesto, quando prese parte alla rivolta che ha abbattuto tutte le torri della sua città». Dario Fo lo racconta, a colori.
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