"Parlo solo per chiarire che abbiamo agito per il bene di Eitan". La zia materna di Eitan Biran, Gali Peleg, in un'intervista alla Radio israeliana 103 ha raccontato i primi momenti del nipotino all'arrivo in Israele, ieri sera. "Eitan ha urlato di emozione quando ci ha visto - ha aggiunto la donna - e ha detto "finalmente sono in Israele". Non ha cessato di emozionarsi e di dire che noi siamo la sua vera famiglia. Ha detto di sentirsi fra le nuvole. Finalmente gli è sparito il pallore dal viso e gli è tornato un po' di colore".
La zia paterna, tutrice del piccolo unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, che è stato portato in Israele dal nonno, nonostante il giudice l'avesse affidato a lei, invece, ha sostenuto d'aver sempre agito per il bene del bambino che è cresciuto in Italia dove è arrivato quando aveva un mese e 18 giorni. "Fino ad oggi non ho mai parlato con i giornalisti per il bene del bambino - ha detto la zia Aya Biran -. Ho anche accettato che la famiglia materna mi diffamasse soltanto perché pensavo che un bambino di 6 anni meritasse una vita normale fatta di sport, scuola, divertimento, amici e famiglia. Una vita stabile con noi che, da quando ci siamo trasferiti in Italia, abbiamo sempre vissuto a 50 metri di distanza dalla famiglia di mio fratello". Il nonno e la zia materna, invece, hanno etichettato Aya come colei che porta cattive notizie perché è stata lei a raccontare al bambino che cosa era accaduto in quella domenica di fine maggio sulla funivia che porta da Stresa al Mottarone.
"Ero io al fianco del letto di Eitan, quando si è svegliato - ha detto Aya, medico che lavora in carcere -. Ho sentito io le sue prime vere parole e bloccato le lacrime, quando ha iniziato svegliarsi. Ero io a rispondere in maniera delicata e non diretta alla sua richieste di vedere la mamma, di parlare con papà. Sono stata io a raccontare ad Eitan che la mamma, papà e Tomi sono ora nel cielo. E fino a ieri ero io ad essergli accanto quando aveva gli incubi. Insieme alle mie figlie e a mio marito, lo abbracciavamo quando accettava, tenendolo la mano per aiutarlo addormentarsi".