MANUELA MARZIANI
Cronaca

Pavia, famiglia sfrattata e respinta: “Pianteremo una tenda sotto il Comune”

Il proprietario dell’appartamento vende, genitori e due bambini non riescono a trovare un altro alloggio: guadagniamo troppo per una casa popolare e troppo poco per permetterci un affitto

I genitori indicano i disegni che i loro figli hanno fatto in questi mesi

I genitori indicano i disegni che i loro figli hanno fatto in questi mesi

Pavia – “Caro Babbo Natale, quest’anno non voglio regali per me, portami una casa”. La casa, possibilmente con una cameretta come hanno tutti i compagni di scuola, ricorre in tutti i disegni che un bambino di 7 anni e la sua sorellina realizzano e che fino a pochi mesi fa appendevano su un muro della sala.

Ora quei lavori sono stati ritirati da mamma Samira (il nome è di fantasia per proteggere i bambini che frequentano le scuole pavesi) perché la famiglia si sta preparando a lasciare l’alloggio nel quale vive. “Abbiamo lo sfratto - racconta la donna di 39 anni, cittadina italiana di origine tunisina -, il 23 dovremo uscire. Il proprietario ci è venuto incontro in ogni modo, ma vuole vendere il bilocale in cui viviamo e dobbiamo trovarci un’altra sistemazione”. Ed è quello il problema.

Da anni la famiglia sta chiedendo a tutti i conoscenti e sta bussando a qualunque porta, senza ottenere alcun risultato. “Molti proprietari non intendono affittare alle famiglie, preferiscono gli studenti - aggiunge Samira -, altri non vogliono bambini, ma soltanto coppie e altri ancora chiedono pigioni troppo alte. Per ottenere un appartamento è richiesto un reddito mensile di 2.500 euro. Noi non li raggiungiamo, mio marito ha un contratto part-time a tempo determinato nel settore delle sicurezza, per questo non si vuole trasferire e io lavoro a chiamata. Ho problemi di salute e non ho nessuno a cui affidare i bambini, quindi posso accettare occupazioni solo negli orari in cui loro sono a scuola”.

La famiglia intende pagare un affitto, ma può permettersi un canone mensile di 500 euro al massimo. “Siamo persone serie - sottolinea la donna -, non vogliamo impegnarci per cifre superiori, con la consapevolezza che potremmo pagare soltanto il primo mese. Siamo anche disposti a far prelevare la somma direttamente dallo stipendio, però tanti locatori quando sentono che siamo stranieri disdicono gli appuntamenti e l’appartamento non è più disponibile. Anche noi vorremmo una casa per proteggere i nostri figli e una sistemazione dignitosa”.

In lista d’attesa per un alloggio Erp, la famiglia non si trova nelle prime posizioni perché il marito ha un regolare contratto di lavoro: “Guadagno troppo poco per permettermi un affitto e troppo per avere una casa popolare. Il Comune ci ha offerto un contributo, ma quando i proprietari sentono che abbiamo questa possibilità, si chiudono ulteriormente perché siamo poveri. In alternativa palazzo Mezzabarba potrebbe metterci a disposizione una camera d’albergo per qualche giorno. E poi? Alcuni mobili sono nostri, dovremmo metterli in un deposito da pagare oltre al trasloco. Dal 24 pianteremo una tenda sotto il Comune e faremo lo sciopero della fame. Non è colpa nostra se non siamo accettati in questa bella città ricca di storia e cultura”.