"Abbiamo avuto pazienza e la verità finalmente è emersa". L’avvocato Debora Piazza che con il collega Marco Romagnoli rappresenta i parenti della vittima costituiti parte civile al processo, non ha trattenuto l’emozione mentre ascoltava la lettura dell’ordinanza del giudice Valentina Nevoso. "È stata analitica, perfetta – commenta l’avvocato Debora Piazza – E noi lo gridiamo dall’inizio non di questo processo ma del procedimento penale, dal giorno in cui nessuno ci ha avvisato che stavano effettuando l’autopsia". Proprio nelle sue conclusioni, nella penultima udienza del 23 ottobre, lo stesso avvocato Piazza aveva ricordato la vittima, che conosceva per altri suoi procedimenti prima di essere ucciso, mostrando a contrasto le foto di Youns sorridente insieme al figlio e quelle sul tavolo autoptico.
"Questa ordinanza ci soddisfa in pieno – il commento a caldo dell’avvocato Romagnoli – Nel senso che ricalca tutte quelle devianze che abbiamo sempre manifestato dall’inizio di questo procedimento. Questo è omicidio volontario. E chi ha competenze giuridiche anche basilari non può vederla diversamente. Il giudice oggi con questa ordinanza ha dato riscontro a tutte quelle che sono state le nostre osservazioni. Puntalmente, passo per passo, ha ricostruito una condotta che agli occhi di tutti, e ai nostri occhi sin dalle primissime fasi, è e rimane un omicidio volontario. Finalmente affronteremo il processo con un’accusa giusta di fronte al giudice competente e... vivaddio, la giustizia è uguale per tutti". Ora cosa succederà? "Ora il pm deve orientarsi su quelle che sono le indicazioni emerse all’esito del vaglio dibattimentale e quindi formulare un’accusa che sia in linea con queste osservazioni e questi accertamenti che sono stati compiuti dal giudice e rimettere gli atti al giudice competente, che è la Corte d’Assise".
"Noi in questo procedimento – aggiunge ancora l’avvocato Piazza – siamo stati soli, completamente soli. Nonostante questo, oggi è finalmente emersa la verità. Finalmente. Omicidio volontario, quello che noi gridiamo fin dall’inizio". Nella sua ordinanza il giudice Valentina Nevoso ha infatti usato alcune delle espressioni più volte rilanciate dagli avvocati delle parti civili, ad esempio per la definizione della vittima da parte dell’imputato, che lo aveva definito "il problema di Voghera", in "un contesto di forte ostilità nei confronti della vittima – sono ancora le parole usate dal giudice nell’ordinanza – emerso anche in fase dibattimentale".
S.Z.