ANDREA GIANNI
Cronaca

Funivia del Mottarone, i primi verdetti a luglio: le quattordici vittime in attesa di giustizia

Nella settimana del terzo anniversario della tragedia iniziano a delinearsi le tempistiche dei processi: primo appuntamento l’udienza preliminare davanti al gup di Verbania

I carabinieri davanti ai resti della cabina numero 3 precipitata nel maggio del 2021

Verbania – Tre anni fa, il 23 maggio del 2021, 14 persone uscite di casa per una tranquilla gita domenicale perdevano la vita, per la caduta della cabina numero 3 della funivia del Mottarone causata della rottura delle fune traente unita al blocco del freno d’emergenza. Un incidente dovuto a una catena di carenze nella manutenzione della funivia e inosservanza di basilari misure di sicurezza. E, da quel giorno, i familiari delle vittime chiedono giustizia. Nella settimana in cui si celebra il terzo anniversario della strage, l’udienza preliminare davanti al gup di Verbania si prepara a entrare nel vivo, anche se potrebbero servire ancora anni per scrivere la parola fine di un eventuale e futuro processo.

Si è chiusa, intanto, almeno la partita dei risarcimenti per i parenti delle vittime. Ieri, nel corso di un’udienza durata circa un’ora, nessuno tra gli imputati ha chiesto riti alternativi. Si torna in aula il 18 giugno con la discussione del pm e la parola alle parti civili. Il 5 luglio sarà la volta dei difensori di Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio, direttore d’esercizio, e Gabriele Tadini, capo servizio. Il 16 luglio parleranno i legali della società altoatesina Leitner, che si occupava della manutenzione dell’impianto, e dei dirigenti. La settimana successiva è attesa la lettura dell’ordinanza del gup Rosa Maria Fornelli, che dovrà valutare se mandare a processo o prosciogliere gli imputati.

Le indagini coordinate dalla procuratrice di Verbania Olimpia Bossi e dal pm Laura Carrera hanno chiarito le cause della strage, mentre ora sono al vaglio del giudice responsabilità e ruoli in quella catena di incuria e superficialità motivata dal "risparmio" di denaro alla base dell’incidente con 14 morti e un solo sopravvissuto, il piccolo Eitan. Tra gli elementi cardine dell’indagine la "mancata esecuzione dei controlli" e l’attivazione del “forchettone” che ha disinnescato il sistema frenante di sicurezza. Tadini è l’uomo che "materialmente" lo ha fatto, ma Nerini e Perocchio hanno agito "avallando e rafforzando la determinazione". E i dirigenti di Leitner "non vigilavano adeguatamente" sull’operato di Perocchio.