In origine avrebbe dovuto essere posizionata in piazza Corti a San Giorgio Lomellina a suo ricordo. Invece la pietra d’inciampo realizzata per ricordare Giovanni Minchiotti, classe 1917, militare della Guardia di Finanza che rifiutò di arruolarsi nella Repubblica di Salò e per questo fu deportato a Dachau dove sopravvisse grazie all’aiuto di un ufficiale tedesco il cui figlio, morto nella battaglia di Stalingrado, era nato nel suo stesso giorno, mese e anno, è rimasta in Liguria nelle mani della famiglia che ritiene che le spetti. Il Comune di San Giorgio Lomellina, attraverso il sindaco Giovanni Bellomo, ha tentato in ogni modo una mediazione lunga nove mesi senza tuttavia riuscirci. Per questo la vicenda è passata nelle mani dei legali e a pronunciarsi nel merito sarà il giudice del Tribunale di Savona, la città in cui il militare si era trasferito e dove è deceduto nel 1990. La pietra, che è in realtà una placca di ottone, viene per convenzione posata nei pressi dell’abitazione e reca oltre al nome e alla data di nascita, quella di arresto e doportazione, la destinazione e il destino che ne è seguito. Il Comune di San Giorgio aveva voluto così ricordare il concittadino e per questo aveva invitato i familiari ad un incontro per definire l’organizzazione della cerimonia di posa. In quella occasione la figlia di Minchiotti aveva chiesto di poter portare la placca a casa, in Liguria. E la richiesta era stata accolta, con l’implicito accordo della sua restituzione, che invece non è avvenuta. Sulla vicenda l’Associazione Nazionale degli ex-deportati ha preso una netta posizione e anche il Comune si è affidato ad un legale. Ora la parola giudice.Umberto Zanichelli
CronacaLa memoria contesa. Lite sulla pietra d’inciampo