di Manuela Marziani
Un progetto che parte dall’esperienza del Covid per guardare al futuro, perché altre infezioni potrebbero emergere. Ha iniziato a operare ieri la fondazione Inf-Act, di cui fanno parte 25 soggetti tra atenei nazionali, enti pubblici e privati insieme all’Istituto superiore di sanità (Iss) e il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). L’Università di Pavia è capofila del progetto, selezionato dal ministero dell’università e della ricerca e finanziato con 114,5 milioni di euro nell’ambito del Pnrr. "L’Italia si è dotata di un sistema, che consente di avere quotidianamente molti dati e che si è rivelato prezioso per affrontare la pandemia che stiamo ancora vivendo – ha detto Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss intervenendo nell’aula magna all’evento inaugurale –. Come ci ha insegnato la pandemia da Covid-19, è necessario fare rete per affrontare queste emergenze. Oggi in Italia sono attivi 138 laboratori in grado in ogni momento di individuare microrganismi che potrebbero sviluppare nuove infezioni. E’ fondamentale sostenere questo sistema garantendogli anche più profondità: la fondazione che nasce dovrà essere sempre attiva, accedendo anche a nuove forme di finanziamento. Il nostro compito sarà anche quello di rendere evidente, con una comunicazione appropriata, che la scienza crea benessere per il Paese e per le nostre comunità". Il consorzio prevede forti competenze trasversali in grado di affrontare il problema delle possibili epidemie adottando un approccio One health basato sull’integrazione di discipline diverse. "E’ importante collaborare al meglio tra enti pubblici e privati, Irccs, istituti zooprofilattici e associazioni non profit – ha sottolineato Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr –. Una collaborazione che deve essere finalizzata alla ricerca scientifica con più comunicazione e meno barriere burocratiche. Dovremo puntare molto sui giovani ricercatori coinvolti in questa fondazione".
"La sfida non è più di reazione ma di pro-azione in alcuni ambiti particolarmente sensibili per la tutela della salute individuale e pubblica - ha rimarcato il rettore Francesco Svelto -. Grazie al progetto e all’attività della fondazione Inf-Act, queste tematiche verranno affrontate sia a livello di ricerca di base, che traslazionale. Saranno costituite reti di sorveglianza, lo studio di modelli matematici di diffusione dei patogeni e di identificazione di nuovi target terapeutici e di nuove molecole anti-microbiche. Verranno coinvolte le migliori risorse del nostro Paese, donne e uomini di comprovata competenza scientifica, uniti dalla volontà di proporre un progetto solido scientificamente che possa avere un impatto importante. Il 60% dei ricercatori sono attivi in regioni del centro-nord Italia. Equilibrato anche il rapporto di genere (50%-50%), con un tessuto di competenze davvero forte, distribuito su tutto il territorio nazionale".