MARIA GRAZIA LEPORATI
Cronaca

Oltrepò, terra di resistenza partigiana

Il ruolo della popolazione nella lotta contro il nazifascismo in Alta Val Tidone. Il rastrellamento e la vita del comandante Maino .

Un territorio importantissimo durante la resistenza partigiana dal punto di vista politico e militare

Un territorio importantissimo durante la resistenza partigiana dal punto di vista politico e militare

L’Oltrepò Pavese è stato un luogo importantissimo durante la resistenza partigiana dal punto di vista politico e militare. Il carattere boschivo e montuoso del territorio offriva ripari naturali ai partigiani, molti di questi raggiunsero l’Alta Val Tidone e l’Alta Valle Staffora partendo da Voghera, Casteggio e Broni. Scappando ai rastrellamenti e aiutati dalla popolazione locale i partigiani sono riusciti a creare in ogni paese liberato dal nazifascismo dei piccoli "stati" liberi, le Repubbliche Partigiane: veniva istituita la scuola e venivano comprati i libri che erano banditi dal regime.

A Zavattarello, borgo medievale dell’Alta Val Tidone sormontato dal castello Dal Verme, avevano creato addirittura un’infermeria per tutti e uno spazio di distribuzione di viveri, per sopperire al contingentamento del cibo. Il Comune ha ricevuto dall’A.N.P.I. il premio di fedeltà alla resistenza per essersi contraddistinto per l’altruismo e l’abnegazione della comunità a supporto della lotta partigiana.

Il 23 novembre 1944 iniziò a Zavattarello il grande rastrellamento prodotto da ingenti forze tedesche, appoggiate dai reparti fascisti. La divisione tedesca era formata da ex prigionieri di guerra russi delle regioni asiatiche, soprannominati "mongoli" a causa dei loro tratti somatici. Il rastrellamento diventò una caccia all’uomo per scovare covi partigiani, la popolazione subì per questo motivo efferate violenze.

Scavavano buche nel terreno per nascondersi, sopportando il freddo, con una nebbia fitta e più di tre metri di neve, i partigiani sopravvissero grazie all’aiuto dei locali; basti pensare che quando nevicava e dovevano uscire dai nascondigli, i contadini si mischiavano con loro e ne confondevano le tracce. I “mongoli” dapprima saccheggiarono e poi incendiarono il castello Dal Verme perché lì non trovarono i gruppi partigiani che si attendevano di scovare.

Luchino Dal Verme nacque il 25 novembre 1913 a Milano, dal luglio ‘41 all’ottobre ‘42 combatté in Russia per poi prendere parte alla guerra di liberazione. Contribuì dopo l’8 settembre del 1943 all’organizzazione delle prime formazioni partigiane operanti in provincia di Pavia. Maino (il suo nome partigiano) fu comandante dell’88ª brigata "Casotti" e successivamente della divisione garibaldina "Gramsci".

Alcuni partiti antifascisti gli proposero di contribuire a livello politico come candidato alle elezioni per l’Assemblea Costituente del 1946 ma Luchino rifiutò l’invito. Quattro suoi bisnipoti frequentano la scuola primaria di Zavattarello e hanno contribuito a questo articolo ricordando alcune sue parole: “So quanti morirono per tutti noi, per la libertà di ciascuno di noi. Questo ci impone di sapere cosa ne abbiamo fatto della nostra libertà, o per lo meno che cosa intendiamo farne”.