
La bicicletta sequestrata ad Alberto Stasi
Milano, 4 novembre 2014 - I pedali della bicicletta di Alberto Stasi (su cui fu trovato il Dna di Chiara Poggi) non sono quelli originali. Nella storia infinita del delitto di Garlasco un’altra bicicletta manca all’appello. Quel 13 agosto del 2007 i carabinieri notarono due graffi «freschi» su un braccio di Alberto, ma non vennero fotografati e non fu redatto un verbale. Identificato il tipo di scarpe che calzava l’assassino di Chiara. Nell’aula della prima Corte d’Assise d’appello di Milano sfilano sei testimoni.
Le biciclette. Massimo Panzeri, amministratore delegato di Atala, è esplicito: i pedali sulla bicicletta bordeaux «Umberto Dei» da uomo di Stasi non ha la pedaliera originale. Facile ricordare: fra il 2002 e il 2008 uscirono soltanto 32 esemplari. La difesa obietta che in quegli anni venivano costruiti altri due o tre tipi di pedaliere. Rita Officio, responsabile di produzione di una ditta di pedali, depone sulle due biciclette andate in omaggio a Nicola Stasi, padre di Alberto, titolare di un negozio di autoaccessori: nel 2004 la bicicletta nera da donna (acquisita dalla Corte, praticamente intonsa, molto diversa da quella vecchia e impolverata vista dal maresciallo Francesco Marchetto di Garlasco) e l’anno dopo una bici, anch’essa da donna, nera o grigia e nera, sellino a molle e portapacchi (che potrebbe ricordare quella scorta dalla vicina Franca Bermani la mattina del delitto, di fronte a casa Poggi). Che fine ha fatto questa seconda bicicletta? È uno degli interrogativi che sono stati aperti dall’udienza di ieri.
I graffi. Depongono il brigadiere Pennini e l’allora brigadiere Serra. Erano davanti alla villetta dei Poggi quando notarono all’interno dell’avambraccio sinistro di Alberto Stasi due segni «rossi», che spiccavano sull’epidermide. Il giovane spiegò che erano stati provocati dal suo cane. I due militari affermano di avere riferito la circostanza ai loro superiori gerarchici, insieme con la necessità di fotografarli. Incominciavano a comparire i giornalisti e si decise di scattare le foto in caserma. Ma questo non avvenne e neppure venne redatto un verbale sulla spiegazione fornita da Stasi. Le scarpe. Il maggiore Aldo Mattei, del Ris, e l’ingegner Nardelli, dirigente di un’azienda calzaturiera del Trevigiano, hanno identificato il tipo di scarpe che disseminarono impronte insanguinate di suole a pallini sulla scena del delitto. Era numero 42, prodotte da un’azienda veronese. Alberto Stasi (che calza il 42) ne possiede un modello, però invernale e con le suole liscie.