
Alberto Stasi (Ansa)
Garlasco (Pavia), 16 ottobre 2014 - Un martello. Arma del delitto di Garlasco. Il sostituto procuratore generale Laura Barbaini insiste sul punto nelle sue domande al perito Roberto Testi. Un martello, conferma Testi, un’arma fornita di manico, che ha svolto un’azione «brandeggiante». Alcune domande non vengono ammesse dalla presidente della prima Corte d’Assise d’appello, Barbara Bellerio, ma l’indirizzo dell’accusa appare chiaro. Nel garage della villetta di Garlasco non vennero più ritrovati un martello levachiodi, che solitamente veniva deposto sulla finestra, e due teli da mare. Solo chi conosceva la logistica della casa e le cose che vi erano contenute, poteva sapere dell’esistenza del martello in un luogo tanto prossimo. Quindi, per l’accusa, Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara. Un attacco che non scalfisce la sicurezza della difesa: nulla più di una ipotesi.
Nel controesame i periti rispondono per sette ore al pg, alla parte civile, alla difesa. Ancora una volta i fronti si contrappongono. I periti Gabriele Bitelli e Luca Vittuari ribadiscono ancora una volta l’impossibilità dell’«evitamento implicito» delle macchie di sangue, sostenuta dai difensori. Una parte di esse, una volta calpestate, avrebbe dovuto modificarsi. Questo non accadde. La difesa tiene le posizioni. Al di là delle probabilità (quasi nulle, in base alla perizia) di evitare le macchie, queste erano secche. I periti lo hanno riconosciuto. La captazione era assolutamente casuale, poteva avvenire o no.
E comunque le scarpe numero 41 di Alberto vennero sequestrate dopo diciannnove ore dalla scoperta del cadavere di Chiara. Stesso discorso per il tappetino della Golf sulla quale, il pomeriggio del 13 agosto 2007, lo studente bocconiano risalì dopo essere uscito dalla casa della fidanzata per recarsi dai carabinieri. L’auto con il tappetino venne sequestrata solo dopo una settimana. «Stanno emergendo - dice l’avvocato Giuseppe Colli, che assiste Alberto con il professor Angelo Giarda e il figlio Fabio - elementi interessanti e particolari utili per la difesa».
Nuova udienza il 20 ottobre. Si discuterà se ammettere la memoria presentata nel giugno scorso dall’avvocato Gian Luigi Tizzoni, parte civile per la famiglia Poggi. Viene sostenuta la tesi dello scambio di pedaliere fra la bicicletta nera da donna della famiglia Stasi (che Alberto, per il legale di parte civile, avrebbe usato per andare da Chiara e compiere l’omicidio) e la bici da uomo del giovane. Questo spiegherebbe perché sui pedali di quest’ultima rimase il Dna della vittima. Altre quattro udienze sono state aggiunte nel mese di novembre. gabriele.moroni@ilgiorno.net