MANUELA MARZIANI
Cronaca

Tredici ore in Pronto soccorso a Pavia, il racconto di Saveria Sforza: “Traumatizzata dall’esperienza”

La denuncia di una tatuatrice di Vellezzo Bellini, che ha trascorso una giornata prima al San Paolo e poi al San Matteo. La lunga attesa pubblicata sui social, su cui raccoglie altre segnalazioni. Il Policlinico valuta azioni legali

Il Pronto soccorso del Policlinico San Matteo; nel riquadro la tatuatrice Saveria Sforza che ha protestato per l’estenuante attesa

Il Pronto soccorso del Policlinico San Matteo; nel riquadro la tatuatrice Saveria Sforza che ha protestato per l’estenuante attesa

Pavia – Tredici ore in Pronto soccorso prima di ricevere una diagnosi. Tredici ore che Saveria Sforza, tatuatrice che risiede a Vellezzo Bellini, ha ripreso e postato sui social. “Mercoledì stavo male – racconta – e sono andata al Pronto soccorso dell’ospedale San Paolo; avendo davanti tre persone ho pensato fosse meglio avvicinarmi a casa e mi sono diretta al San Matteo, dove sono arrivata a mezzogiorno”. Con Saveria c’era Nicholas, affetto da sclerosi multipla e fuoco di Sant’Antonio che era in attesa dalle 10. “Mio figlio non si regge in piedi – ha detto la madre del ragazzo – è in attesa da tre ore e non è ancora stato visitato, ha davanti 14 persone”.

“Una bambina con il fegato trapiantato da poco – ricorda Saveria – urlava e vomitava senza che nessuno la soccorresse. Avrei voluto aiutarla io, ma non sapevo come. Quando ho dato di matto, almeno per i portatori di disabilità le visite sono state più veloci e sono stati dimessi. Io ovviamente non ho avuto un trattamento di favore”. Dopo aver perso la pazienza e dato in escandescenza, è intervenuta prima la guardia giurata che presta servizio e poi gli agenti del posto di polizia. “È una giornata caotica – ha detto l’agente alla paziente – lei ha tutte le ragioni a perdere la pazienza, ma quando urla e batte i pugni, passa dalla parte del torto”.

“Rispettate i sanitari” si legge su tutte le pareti del pronto soccorso per evitare che possano ripetersi episodi d’intemperanza e violenza come già accaduto in passato. “E i pazienti chi li rispetta?” si chiede Saveria, che dopo la sua esperienza ha lanciato un appello per raccogliere altre segnalazioni di disservizi in modo da renderli pubblici. “Sono rimasta traumatizzata da quanto mi è accaduto – aggiunge la donna – e non metterò più piede in policlinico. Mio figlio era in cura al San Matteo e mi ero sempre trovata bene, ma in reparto. Il Pronto soccorso così non funziona. Io sono fumantina, non ho intenzione di stare zitta”.

Di fronte ai video che stanno facendo migliaia di visualizzazioni, il San Matteo replica: “Siamo pienamente consapevoli che l’attesa in Pronto soccorso sia un momento difficile e stressante, ma non è accettabile che questo giustifichi comportamenti di mancanza di rispetto. È fondamentale che si mantenga un clima di civile convivenza, in cui ciascuna parte riconosca il ruolo e l’impegno dell’altra. Gli operatori sanitari, impegnati con professionalità e dedizione, meritano lo stesso rispetto che si pretende da loro. L’aggressione, anche solo verbale, è inammissibile e non risolve alcun problema. Il rispetto reciproco è imprescindibile per garantire il benessere di tutti e il buon funzionamento del servizio. È stata data indicazione agli uffici affinché valutino la sussistenza delle condizioni per adottare le azioni legali a tutela propria e dei propri operatori”.