Alcuni studiosi se ne sono occupati analizzando e criticando quell’opera che intendeva portare la Bibbia a un pubblico digiuno di grammatica, altri hanno esaminato il linguaggio, primo esempio di volgare lombardo, ora i suoi concittadini rendono omaggio a Pietro da Bascapè e al suo Sermon Divin. Lo fanno con un libro-calendario speciale, con alcune immagini tratte dal prezioso manoscritto, assemblato a mano e rilegato con nappa oro e rossa. "L’anno scorso ricorrevano i 750 anni del Sermon Divin - spiega Roberto Smacchia, appassionato di storia, presidente del Comitato ricerche storiche ed editore del volumetto - ma non abbiamo fatto in tempo a preparare un calendario. Quest’anno, con l’aiuto del Comune, abbiamo realizzato l’opuscolo da collezione". Notevole il lavoro che si nasconde dietro a quei “quartini“. Del Sermon Divin, infatti, esiste una sola copia custodita alla biblioteca Braidense di Milano, a Brera sotto la segnatura AD.XIII.48.
"Il Sermon Divin è stato studiato da Attilio Bartoli Langeli - aggiunge Smacchia - che lo ha esaminato in modo attento e capillare. Tra i molti dati va segnalata la datazione della scrittura che viene anticipata, dopo l’ottima ricognizione di Armando Petrucci sul codice, dai primi del 300 al Duecento inoltrato. Quanto alla mise en page, il miniatore avrebbe operato prima dell’amanuense sulla base di evidenze materiali che Bartoli Langeli descrive con minuzia. Inoltre il codice sarebbe da considerare non proveniente da un’officina specializzata, ma fatto in casa, artigianale e scritto da una sola persona, un manoscritto d’autore. Questo ci ha spinto ad affermare che Pietro ha scritto il Sermon Divin a Bascapè".
Il manoscritto di 2.440 versi anisosillabici, perlopiù novenari-ottonari e alessandrini, tratta in tono didascalico e, secondo la Treccani "con una certa sciatteria stilistica", vari episodi biblici, soprattutto della Genesi e dei Vangeli, focalizzandosi sulla redenzione (creazione, peccato originale e sette peccati capitali, passione e resurrezione di Cristo, giudizio universale). Uomo di armi, notaio, di Pietro sappiamo che era un “fanton“, un oratore. Nato nei primi anni del 1200 (circa 1220) e morto intorno al 1280, era certamente un uomo erudito, che incontrava i suoi concittadini per tenere sermoni, come mostra un’immagine pubblicata sulla pagina del mese di gennaio in cui si vede davanti ad alcuni uditori.
Il Sermon Divin, che critica la ricchezza e la superbia, occupa un posto di interesse come primo documento letterario del volgare lombardo. "All’epoca - spiega Smacchia - il linguaggio era fortemente influenzato dai modi di parlare dei cosiddetti barbari: goti, longobardi e franchi. Potremmo dire che è stato scritto nel dialetto di allora".