Zinasco (Pavia), 18 dicembre 2024 - “Ats Pavia non poteva fare altro che abbattere i maiali colpiti da peste suina del santuario Cuori liberi”. Con una sentenza pubblicata lunedì, il giudice amministrativo della Lombardia ha respinto il ricorso del rifugio e di altre associazioni di protezione animale che chiedevano un risarcimento per l’abbattimento dei suini ospiti dello spazio di Sairano, una frazione di Zinasco e ha condannato i ricorrenti a rifondere Ats Pavia e Regione Lombardia del pagamento delle spese di giudizio.
“Ricorreremo al Consiglio di Stato contro una sentenza miope e ingiusta – hanno commentato le associazioni Lav e Lndc con la Rete dei santuari di animali liberi e il rifugio Cuori liberi –. La psa non è pericolosa per l’uomo, ha un alto tasso di mortalità tra i maiali, che non è però del 100%. Le procedure di “abbattimento“ immediato non permettono di valutare e studiare la risposta degli animali alla malattia, a diverse terapie o gestione della malattia”. I fatti risalgono allo scorso anno, quando per arginare la diffusione del virus che stava imperversando nel pavese, Ats aveva disposto l’abbattimento, sotto controllo ufficiale, di tutti i suini del rifugio (37, al netto dei tre già deceduti), con distruzione delle carcasse, pulizia e disinfezione dei locali. Inoltre Ats aveva previsto anche il sequestro del presidio. Il 20 settembre i veterinari avevano fatto irruzione nel rifugio e soppresso 9 suini ancora in vita, mentre gli altri erano nel frattempo deceduti.
“Non è accettabile che essere un maiale, e ammalarsi, implichi senza alcun margine di valutazione una condanna a morte – hanno detto le associazioni –. Nella sentenza, il Tar fa riferimento al fatto che gli animali del rifugio non avessero possibilità di cura: tuttavia, gli animali erano accuditi ogni momento dai proprietari, diversamente da quanto accade normalmente nei capannoni degli allevamenti. Piuttosto l’intervento non tempestivo è stato quello di Ats di Pavia che, quando chiamata per eseguire l’eutanasia su alcuni soggetti in sofferenza non si è recata immediatamente al rifugio arrivando il giorno dopo quando ormai erano morti. Tutti gli animali del rifugio sono usciti dal circuito di produzione alimentare, sono animali “da affezione“ ed è compito del legislatore oltre che della magistratura innovare e offrire vie normative e giuridiche che tutelino questi soggetti”.