"Abbiamo scoperto che Youns era morto, mentre lo stavamo cercando. Nessuno ci aveva avvisato". Alì, uno dei fratellli di Youns El Bossettaoui, il 39enne di origini marocchine ucciso la sera del 20 luglio in piazza Meardi a Voghera, ieri ha deposto a Pavia al processo che si sta celebrando a Pavia davanti al giudice Valentina Nevoso. "Sapevamo che Youns era a Voghera e lo cercavamo da settimane - ha raccontato Alì che abita e lavora in Svizzera -. Eravamo stati dai carabinieri il 2 e il 17 luglio 2021 perché eravamo preoccupati. Il 21 luglio, non avendolo visto neppure il giorno prima in occasione della festa del montone che è una data importante per noi musulmani, l’abbiamo cercato ai giardini e in alcuni bar. Poi siamo andati in ospedale, e lì ci hanno detto che c’era una persona morta. Abbiamo scoperto così che il cadavere era quello di mio fratello. Poi abbiamo saputo anche che Youns la sera prima era stato ucciso". Il 39enne era stato raggiunto da un colpo sparato dalla pistola di Massimo Adriatici, avvocato ed ex assessore leghista alla sicurezza della città oltrepadana che è imputato per eccesso colposo di legittima difesa. Stando ai racconti dei familiari nei sei mesi precedenti la sua morte, Youns aveva cominciato ad accusare dei problemi comportamentali. "Aveva spesso mal di testa e allucinazioni - ha raccontato la sorella Bahija -, parlava spesso da solo e non aveva più voluto un telefono dopo aver lasciato la casa dei genitori". La separazione dalla moglie quando ancora viveva in Marocco forse aveva destabilizzato l’uomo, che prima non aveva mai accusato particolari problemi, pur essendo finito in carcere quattro volte per brevissimi periodi. "È stato un amico a chiamarmi e a dirmi che Youns era morto - ha proseguito Bahija -. Sono arrivata a Voghera con i miei figli, volevo capire cosa fosse successo. La nostra vita da quel giorno è come se si fosse fermata: non riusciamo a superare il dolore e le lacrime. Le condizioni dei miei genitori, dopo quanto è successo, sono peggiorate. Siamo sempre stati vicini a Youns, abbiamo cercato di aiutarlo, mio padre gli ha sempre mandato dei soldi, se non lavorava. Perché Youns ha anche lavorato come saldatore meccanico o nei mercatini con un amico". A rimbombare nella testa della donna poi è il silenzio: "Non abbiamo mai ricevuto condoglianze o scuse".