Pavia, 26 novembre 2018 - «Il primo incontro dei pavesi con Napoleone fu drammatico. Ma in realtà al sacco parteciparono anche non pochi pavesi». Luigi Casali, studioso di materie militari, nel libro “Napoleone anche a Pavia - ovvero Riflessioni, a cose fatte, su cose, fatti e intenzioni” (Univers Edizioni), con le 73 tavole artistiche di Marco Giusfredi, racconta il legame tra la città e Napoleone.
La prima volta a Pavia, maggio 1796: perché ci fu il sacco?
«Napoleone era ancora il generale Bonaparte, aveva 26 anni. Non partecipò personalmente all’occupazione di Pavia. Poi l’insurrezione antifrancese conobbe un breve momento di trionfo a Pavia, dove fu invece stroncata da Napoleone in persona. Dopo l’incendio di Binasco, arrivò a Pavia e si installò al Collegio Novarese o Caccia, oggi palazzo Cattaneo, al numero 20 dell’odierno viale Matteotti. Mentre muoveva su Pavia, era intenzionato a ridurre la città in cenere».
Invece cosa accadde?
«Tra una delegazione di municipalisti, l’avvocato Camillo Campari ebbe il coraggio di affrontare il furore di Napoleone, facendo presente che protagonisti della rivolta erano stati soprattutto i contadini, mentre i cittadini pavesi ne erano stati in gran parte estranei. Bonaparte ritenne così che il saccheggio, della durata di 24 ore, che d’altra parte era stato già promesso alle truppe, fosse sufficiente come punizione».
Cosa saccheggiarono i francesi?
«Case e negozi. Si fecero consegnare tutti gli oggetti preziosi. Ma i negozi più presi di mira, oltre agli orefici, furono quelli di stoffe, cappellai e calzolai, per prendere quel che serviva a vestirsi. Le cronache dell’epoca riferiscono che i francesi, pur nella sfrenatezza del saccheggio, ‘non hanno né offeso le persone né attentato l’onor delle donne’. E che al saccheggio presero parte anche non pochi pavesi. Al Monte di Pietà, viene citato tra i partecipanti al saccheggio anche il celebre Siro Comi, democratico e illustre storico, arrestato dagli insorti e poi liberato dai francesi».
Dopo il sacco del 1796, quante altre volte Napoleone venne a Pavia?
«Altre 4 volte. Le prime due come Primo Console della Repubblica Francese, nel giugno 1800 nel corso della Seconda Campagna d’Italia. La terza nel maggio 1805 come Imperatore, quando era diretto a Milano per cingere la corona Ferrea di re d’Italia e la quarta il 24 dicembre del 1807, ma solo di passaggio, per poche ore».
Andò anche in Università?
«Sì, nel 1805. Accompagnato dalla moglie Giuseppina, oltre a ritrovare Camillo Campari, divenuto Podestà di Pavia, visitò l’Università, rimanendo contrariato per il pensionamento di Antonio Scarpa e di Alessandro Volta, quest’ultimo già conosciuto a Parigi nel 1801. Incontrato il rettore Tommaso Nani, volle assistere, seduto sui banchi con gli studenti, a alcune lezioni, particolarmente interessato a quella del matematico Vincenzo Brunacci. E l’Imperatore donò all’Università l’elefantessa tassidermizzata che si trova ancora oggi al Museo di Storia Naturale».