Pavia – È stata un successo la miniserie di Rai1 “Mameli - Il ragazzo che sognò l’Italia". A vestire i panni del rivoluzionario autore dell’inno nazionale morto sulle barricate della Repubblica Romana quando aveva 21 anni, un pavese coetaneo di Goffredo, Riccardo De Rinaldis Santorelli.
Riccardo, tu hai 24 anni, come ti sei sentito nei panni di un ragazzo come te?
"All’inizio avevo paura perché lo stacco era forte. Goffredo ed io abbiamo quasi la stessa età, ma apparteniamo a epoche diverse. È stato merito degli sceneggiatori riuscire a dare un’impronta molto moderna. Raccontiamo di persone che hanno vissuto nel 1840, ma hanno un’umanità, emozioni e dinamiche tra loro molto simili a quelle dei ragazzi del 2024. Certo poi ci sono le atmosfere ottocentesche e i dialoghi in cui si usa il voi e forse anche il concetto di patria che oggi è quasi sconosciuto".
Anche la mentalità è molto diversa.
"Indubbiamente. Quei ragazzi avevano coraggio e si battevano per quello che ritenevano fosse giusto. Chissà, forse se fossi cresciuto nel 1840 non avrei rischiato la mia vita. Ci tengo troppo".
Che cosa hai imparato da Mameli?
"Ho capito molto della nostra storia di italiani e sono cresciuto. La serie ha permesso di togliere un po’ di polvere dalle statue del Risorgimento, un periodo storico avvolto nella nebbia anche se è stato ricco di sfumature. Personalmente ora cambierò il mio modo di comportarmi. Quei ragazzi come Mameli avevano 20 anni e degli ideali nei quali credevano fermamente".
Tu, 20enne del 2024 hai degli ideali?
"Ci sono molte cose che mi piacciono e tante che non mi piacciono. Lotterò per i diritti e contro le ingiustizie. Non siamo molto diversi dai ragazzi del 1840, solo che i nostri ideali o non abbiamo il coraggio di esprimerli o al massimo facciamo una storia su Instagram. Dobbiamo trovare la forza di farci sentire di più usando l’arma della parola, che è molto potente".
Con te sul set c’erano molti giovani, tra i quali Giovanni Crozza Signoris e attori d’esperienza come Luca Ward e Neri Marcorè, come ti sei trovato?
"Benissimo, abbiamo creato un bellissimo gruppo. Abbiamo visto insieme la serie e diciamo che siamo riusciti a creare una bella amicizia".
Anche con Neri Marcorè che vestiva i panni di tuo padre?
"Ci siamo incontrati soltanto per una settimana, ma è stato prezioso per me. Mi ha dato dei consigli importanti, molto paterni anche se la nostra era una famiglia un po’ strana, rivoluzionaria. Sono stato fortunato: finora ho incontrato persone che hanno saputo insegnarmi tanto, come Stefano Fresi, un mostro della recitazione".
Hai presentato la serie al Quirinale, è stato emozionante?
"Due giorni prima dell’incontro ho saputo che avrei dovuto fare un discorso davanti al presidente Mattarella, che aveva chiesto di vedere la serie. Ci è voluto molto coraggio. In quel momento dovevo essere Riccardo e sono timido. Quando si è complimentato, sono arrossito".
Da piccolo sognavi di fare l’attore?
"No, ho preso lezioni di canto, perché mia sorella cantava. A 14 anni mi concentravo sulla scuola e sulla pallavolo, ma adesso voglio fare l’attore perché ho scoperto di amare questo lavoro. Il mio prossimo progetto potrebbe essere importante e di respiro internazionale".
I tuoi genitori sono felici della tua scelta?
"Sono orgogliosi. Quando ho finito il liceo e ho detto che avrei voluto fare l’attore mi hanno consigliato di cercarmi un piano b, nel caso non ce l’avessi fatta, ma non mi hanno mai imposto di iscrivermi all’università; magari lo farò".
Ma per fare l’attore hai dovuto lasciare Pavia.
"Sì perché mi stava un po’ stretta. Mi sono trasferito a Roma che comunque non sento come la mia città. Sono un po’ zingaro, faccio l’attore perché mi permette d’incontrare più persone e di vestire panni diversi. Pavia comunque mi rimane nel cuore, lì vivono tutte le persone che amo e che mi sono care".