Quella delle scarpe prodotte alla Moreschi di Vigevano è una storia iniziata nel 1946 e finita, per come la conosciamo, oggi. L’azienda, specializzata in scarpe di lusso, ha deciso definitivamente di spostare la produzione altrove, di “delocalizzare” dove i costi sono inferiori. È stata avviata la procedura di licenziamento per 59 lavoratori, quasi tutti operai, a partire dal prossimo maggio. A Vigevano resteranno solo 21 dipendenti, quasi tutti in ufficio.
E così sparisce un altro pezzo della tradizione delle calzature che ha accompagnato la storia di Vigevano, che fu capitale delle scarpe in Lombardia. Nei tempi d’oro, la Moreschi dava lavoro ad oltre 300 persone, ma negli ultimi anni – un po’ per le crisi economiche, un po’ per la globalizzazione – si è verificato una crescente riduzione della produzione, accompagnata dalla cassa integrazione e da una continua riduzione del personale.
“Già dal 2020 la famiglia Moreschi aveva ceduto la maggioranza delle quote a un istituto finanziario svizzero, la Harleys SA, che – ricorda il sindacato Cub-Tessili – ha deciso di mantenere a Vigevano il polo progettuale, ma di distribuire la produzione del manifatturiero in altre regioni, asserendo che la prevista svolta green sarebbe stata impossibile presso gli stabilimenti nel Pavese. Dopo rassicurazioni sul fatto che tutta la filiera sarebbe comunque rimasta a Vigevano ora dai 300 dipendenti degli anni d’oro ne rimarranno solo 21”.
“Ennesima chiusura del tessile. Le aziende chiudono o passano in mani forti, spesso francesi”, Hazal Koyunquer, segretaria nazionale Cub-Tessili. “L'Italia brilla per assenza di un piano industriale e di risorse finanziarie per difendere un capitale umano e di capacità tecniche che tutto il mondo ci invidia. Infatti tutti fanno shopping da noi. Vigevano e Parabiago sono due capitali storiche della calzatura e vanno difese. Mentre Governo e Regione si guardano in giro e fischiettano”.