Pavia, 25 gennaio 2024 –Era il topolino che spaventava l’elefante Google, ma poi il sogno si è infranto e ieri per FacilityLive si è svolta la prima udienza del procedimento fallimentare avviato il 29 settembre.
Davanti al giudice Erminio Rizzi sono comparsi i creditori, a cominciare dai dipendenti che non percepiscono lo stipendio dal 2021. È cominciata allora, infatti, la crisi della startup che fino a quel momento era sotto i riflettori di tutta Europa perché particolarmente innovativa.
Rispetto a Google che funziona per algoritmi, infatti, l’impresa che aveva sede all’interno del Polo tecnologico puntava su un motore di ricerca che ragiona come una mente umana. Un progetto ambizioso che i fondatori Gianpiero Lotito e Mariuccia Teroni non avevano mai voluto portar via da Pavia per sbarcare nella Silicon Valley, dove erano stati invitati, facendo arrivare in Italia investitori per un totale di 15 milioni e un enorme consenso all’estero tanto da vantare una "company evaluation” di 225 milioni.
‘0Accanto a Lotito c’era Mariuccia Teroni, esperta di lavoro editoriale e di innovazione digitale. Entrambi nel 2015 erano stati premiati con la benemerenza di San Siro come imprenditori di successo perché creavano occupazione e davano lustro a Pavia. Prima della crisi erano 120 i dipendenti, dottorandi o giovani laureati che non guadagnavano cifre astronomiche, ma con stipendi che andavano dai 500 ai 1.600 euro contribuivano al raggiungimento di un sogno.
Ma FacilityLive accumulava debiti e fatturava poco. Così alla fine di settembre, 27 dipendenti hanno chiesto la liquidazione giudiziale. Ammontano a 13 milioni di euro i debiti della società, costituiti soprattutto dagli stipendi non pagati, ai quali si aggiungono 2,5 milioni delle ritenute d’acconto non versate all’Agenzia delle Entrate e poi anche i contributi Inps e i debiti verso i fornitori.
A luglio la Guardia di finanza di Pavia ha fatto scattare un sequestro preventivo di beni pari a 1,4 milioni di euro nei confronti degli amministratori di Facility Live. I finanzieri hanno eseguito anche due perquisizioni domiciliari. Il sequestro riguarda due immobili, quote societarie per un valore di quasi 13mila euro, due autoveicoli e i fondi presenti sui conti correnti dei due imprenditori che sono stati indagati, e della società.
Patrimonio che consiste in maniera quasi esclusiva nella tecnologia messa a punto per un periodo di quasi 11 anni al Polo tecnologico e nel brevetto. Nell’inventario dei beni ci sono anche alcuni computer, cellulari e scrivanie che non hanno però alcun valore.
Prima di arrivare al fallimento gli amministratori hanno tentato con ogni mezzo di scongiurare l’ipotesi cercando nuovi investitori. Come ultima spiaggia hanno persino presentato al tribunale una richiesta di concordato in continuità, pensando anche di cedere l’azienda. Ma la trattativa è naufragata. Insieme al sogno di sfidare Google.