È il leghista Giancarlo Giorgetti l’unico superstite del governo di Mario Draghi nel nuovo esecutivo guidato di Giorgia Meloni. Tutti gli altri – con l’unica eccezione di Cingolani, rimasto come consulente del suo successore – hanno dovuto dire addio al posto da ministro. C’è chi dovrà reinventarsi un lavoro, chi tornerà in parlamento e chi invece riprenderà la propria vita professionale precedente.
Luigi Di Maio
L’ex ministro degli Esteri, ma anche del Lavoro nel primo governo Conte, ha pagato la scelta scissionista dal M5S raccogliendo con il suo Impegno Civico solo lo 0,6% dei voti e rimanendo escluso dal Parlamento. Per l’ex responsabile della Farnesina il futuro è ora un foglio bianco. Sul curriculum può elencare una lunga serie di esperienze, da webmaster a giornalista sportivo, da steward allo stadio a cameriere, fino appunto a uomo di governo. Le competenze e le conoscenze acquisite nei palazzi dei ministeri gli stanno spianando la strada verso la consulenza istituzionale. Certo dovrà darsi da fare con l’inglese, ma è giovane – ha solo 35 anni – e ha esperienza nei campi più disparati.
Giancarlo Giorgetti
Conferma con promozione per l’esponente leghista. Dal ministero dello Sviluppo Economico (ora affidato ad Adolfo Urso) è passato al ministero dell’Economia e delle Finanze.
Roberto Cingolani
Caso abbastanza singolare quello dell’ex ministro della Transizione Ecologica (ora diventato ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica). La conclusione del Governo Draghi sembrava aver messo la parola fine alla sua esperienza nelle stanze del potere, e invece il suo impegno soprattutto per quanto riguarda l’elaborazione del Pnrr e la “mission impossible” del tetto al prezzo dell’energia in Europa sono stati riconosciuti anche dalla nuova premier. Lui assicura che il suo sarà solo un ruolo di advisor del nuovo ministro Gilberto Pichetto Fratin, oggi però saranno insieme a Lussemburgo per la riunione dei ministri dell’Energia dell’Unione europea.
Roberto Speranza
L’ex ministro della Sanità, nominato da Conte a settembre 2019 e confermato da Draghi l’anno scorso, ha guidato il sistema sanitario italiano attraverso la pandemia. Il leader di Articolo Uno riparte ora dalla Camera dove è stato rieletto grazie ai risultati ottenuti come capolista della lista Pd-Italia Democratica e Progressista nel collegio plurinominale Campania 1.
Dario Franceschini
Passato attraverso il governo Renzi, poi Gentiloni, ripescato dal Conte 2 e infine confermato da Draghi, anche Franceschini si è dovuto arrendere e mollare il ministero della Cultura. Tornerà tra i banchi di Montecitorio: è stato infatti eletto nel collegio plurinominale Campania 1.
Luciana Lamorgese
L’ex ministra dell’Interno venne nominata dal secondo governo Conte nel settembre 2019 (in sostituzione del dimissionario Matteo Salvini), circa un anno dopo essere andata ufficialmente in pensione da prefetto (l’ultimo incarico era stato a Milano). Per lei, dopo l’esperienza di governo, si profila una tranquilla pensione.
Marta Cartabia
La ministra della Giustizia voluta Draghi tornerà alla sua vita precedente. Prima di essere nominata Guardasigilli, Cartabia aveva da poco terminato l’incarico di Presidente della Corte Costituzionale, prima donna a ricoprire questo ruolo nella storia della Repubblica. Nel settembre 2020 (appena terminato il mandato alla Consulta) era diventata ordinaria di Diritto Costituzionale e di Giustizia Costituzionale all’Università Bocconi di Milano: si era messa in aspettativa appena ricevuta la chiamata da Draghi. Terminata l’esperienza di governo tornerà a insegnare.
Renato Brunetta
L’addio a Forza Italia (annunciato nel luglio 2022 dopo lo “sgambetto” del partito a Draghi) non gli ha permesso di salvare il posto, ma (solo idealmante) il suo lavoro al ministero della Pubblica amministrazione è destinato a proseguire. Il suo successore, Paolo Zangrillo, ha infatti dichiarato senza esitazione “C’è da salvare tutto quello che ha fatto Brunetta”. L’ex ministro potrà ora tornare a dedicarsi agli articoli di economia per il quotidiano “Il Riformista” e all’insegnamento. A settembre, dopo aver annunciato la decisione di non ricandidarsi, ha dichiarato “Tornerò magari a fare il mio vecchio mestiere, facendo il professore”. L’ultima cattedra che ha avuto è stata professore ordinario di Economia Politica all’Università di Tor Vergata.
Mara Carfagna e Mariastella Gelmini
Sorte simile per le due ex ministre per il Sud e per gli Affari regionali. Entrambe ex fedelissime di Berlusconi hanno lasciato Forza Italia dopo il ritiro della fiducia al governo Draghi, saltando sul carro di Azione di Carlo Calenda. Ricominceranno tutte e due dal Parlamento dove torneranno a sedersi grazie ai risultati ottenuti dalla lista di Calenda e Renzi. La Gelmini ha ottenuto il seggio in Senato nel collegio plurinominale Toscana 01 proprio al posto di Matteo Renzi, che ha ottenuto il seggio per il collegio plurinominale Campania 01 liberando quello toscano. La Carfagna tornerà invece a Montecitorio grazie al risultato ottenuto come capolista nel collegio plurinominale Puglia (nella sua Napoli, nel collegio uninominale Campania 1-02, si è piazzata solo quarta, raccogliendo il 7,10% dei voti).
Stefano Patuanelli
L’uomo di fiducia di Giuseppe Conte nell’esecutivo Draghi (e per questo spesso in dissenso con il premier), dove ricopriva la carica di ministro delle Politiche Agricole, dopo essere stato allo Sviluppo Economico nel governo Conte 2, riparte dal Senato dov’è stato “ripescato” grazie all’affermazione del M5S nel collegio plurinominale Lazio 02. Nel collegio uninominale della sua Trieste ha raccolto infatti solo il 7,4% dei consensi.
Patrizio Bianchi
Ritorno alla vita accademica per l’ex ministro dell’Istruzione. Prima di essere chiamato a Roma (prima come consulente di Lucia Azzolina poi come ministro), Bianchi era infatti professore di Economia e Politica industriale all’Università di Ferrara. La cattedra ora attende il suo ritorno.