Milano - Giuliano Pisapia non sarà il candidato del centrosinistra alle elezioni Regionali del 2023. L’ex sindaco di Milano, oggi europarlamentare – pur avendo apprezzato gli inviti e gli appelli che gli sono via via arrivati già da domenica, anche da esponenti delle segreterie del Pd – ha ribadito in queste ultime ore di non voler correre da candidato governatore in Lombardia. Il suo era uno dei pochi nomi che avrebbe potuto unire in modo immediato tutte le anime del Pd e della coalizione composta da Sinistra, Verdi e +Europa, senza che si dovesse passare dalle primarie.
A questo punto gli scenari che possono prendere quota sembrano due: il primo passa dai sindaci del centrosinistra, intenzionati – eccezion fatta per il milanese Giuseppe Sala, che è un po’ più tiepido – a sostenere la candidatura alla presidenza della Regione di Emilio Del Bono, primo cittadino uscente di Brescia. Lo schema sul quale si punterebbe sarebbe quello di valorizzare o far pesare le alleanze con le quali già oggi il Pd governa in più città, alleanze che lo vedono unito, a seconda dei casi, al Terzo Polo e/o al Movimento 5 Stelle. L’operazione dei sindaci ambisce ad allargare la base del sostegno elettorale. Ma nella loro idea non ci sono le primarie. Il problema – in questo caso – è che pure Del Bono va convinto: al sindaco di Brescia basterebbe, infatti, correre da capolista nella sua città. Non manca, però, ottimismo sul fatto di poterlo convincere. In caso contrario, ecco il secondo scenario, quello che contempla la consultazione interna.
Una strada che si fa sempre più complicata man mano che passa il tempo: se si vota a metà febbraio, non le si convocherà prima di dicembre, non il massimo come periodo. Qualora si facessero, e qualora accettasse di correrle, Del Bono dovrà quasi sicuramente sfidare Pierfrancesco Maran, assessore milanese alla Casa, in ticket con Stefania Bonaldi, ex prima cittadina di Crema. I nomi più quotati sono i loro, quelli di Del Bono e Maran. Quest’ultimo avrebbe il sostegno dello stesso Pisapia, disponibile a fare da padre nobile della sua candidatura. A sostegno del “cartello“ dei sindaci lombardi, invece, sono arrivate ieri le parole di Dario Nardella, primo cittadino di Firenze: "In Lombardia credo che, se non ci sono le condizioni per appoggiare Moratti, il Pd e il centrosinistra debbano tirare fuori una proposta con la grande spinta dei sindaci lombardi Dem che hanno avuto consenso e hanno vinto in quasi tutti i capoluoghi di provincia".
Nel frattempo è evidente la spaccatura nel Pd tra i possibilisti nei confronti dell’opzione Letizia Moratti e quanti sono contrari, una spaccatura quasi coincidente coi due livelli del partito: a Roma prevalgono i favorevoli, in Lombardia è il contrario. I “pro Letizia“ dichiarati sono Rosa Maria Di Giorgi, della direzione nazionale del Pd, e l’ex senatore Luigi Zanda, tra i possibilisti anche Fabio Pizzul, capogruppo del Pd in Consiglio regionale. Tra i “no Letizia“ l’ex ministro Andrea Orlando, il vicepresidente dei senatori Pd, Alessandro Alfieri, il segretario lombardo Vinicio Peluffo, l’europarlamentare Pierfrancesco Majorino, l’ex deputato Emanuele Fiano. In Lombardia brucia lo schiaffo delle Politiche, quando il Pd romano decise liste e candidati senza guardare a Milano. Ma a lungo andare il vuoto di nomi e disponibilità rischia di fare il gioco della Moratti, che non fa mistero di ritenere importante il supporto del Pd alla sua corsa.